Manakampat Kesavan Unni Nayar

La difesa delle opere d'arte a Montegufoni e l'incontro con la Primavera di Botticelli

Manakampat Kesavan Unni Nayar nasce a Malabar nello stato del Kerala in India, il 22 aprile 1911.

È un membro della famiglia Manaykkambatt di Parali, vicino Palakkad. Si diploma al Madras Christian College, lavora come giornalista, si arruola nell'esercito indiano dell'Impero britannico e partecipa alla Seconda guerra mondiale nella fanteria leggera Maratha, il cui motto è “dovere, onore, coraggio”. 
 

Domenica 30 luglio 1944 la battaglia intorno a Firenze è violenta. 
Il reparto Maratha al comando del maggiore Eustace D'Souza arriva al castello di Montegufoni, a circa 25 chilometri da Firenze, per ispezionarlo. Nel castello, di proprietà di Sir George Sitwell, dal 1942 sono ricoverate 272 opere d'arte tra le più preziose del mondo: sono i tesori della Galleria degli Uffizi e di altri musei fiorentini sorvegliati dal custode del castello Guido Masti e dal professor Cesare Fasola funzionario della Soprintendenza alle Gallerie per le province di Firenze, Arezzo e Pistoia. 
Arrivano al castello il capitano Manakampat Kesavan Unni Nayar, conoscitore dell’arte italiana, il reporter della BBC Lewis John Wynford Vaughan-Thomas, studente di storia a Oxford e il maggiore Eric Linklater.
Fasola illustra loro le attività di messa in sicurezza del patrimonio artistico della città sia a Montegufoni che negli altri tre ricoveri Montagnana, Poppiano e Oliveto. Consegna poi una lettera per il comando e chiede di far sorvegliare le opere d'arte con una sentinella nel cortile del castello: la prima sorveglianza alleata delle opere d'arte di Montegufoni è indiana. 
Le porte del castello vengono chiuse e su queste il sergente indiano a disposizione di Fasola scrive col gesso “Out of bounds”, divieto d'accesso. 
Thomas e Linklater ringraziano i soldati indiani del reggimento Maratha e Linklater scrive una nota di plauso nel libro dei visitatori del castello e lo regala all'unità militare. Il libro è conservato al Centro del Maratha Light Infantry a Belgaum nello stato del Karnataka in India. 
Secondo il generale maggiore D'Souza, Thomas e Linklater suggerirono che le opere d'arte, una volta tornate agli Uffizi, fossero collocate in una stanza dedicata ai loro salvatori: “The Maratha room”.
 

L'8° Divisione Indiana fa parte della VIII Armata britannica. 
Nella campagna d'Italia dal settembre 1943 all'aprile 1945 combattono in Italia soldati indiani dei reggimenti: fanteria leggera Maratha, Punjab, Fucilieri 5 Gurkha, Fucilieri 9 Gurkha, Fucilieri 2 Gurkha, Fucilieri Rajputana, Sikh, Fucilieri Frontier Force, Fucilieri Garhwal, Central Indian Horse.
Prima della fine della campagna d'Italia è chiamata anche la “divisione che attraversa i fiumi”, perchè aprivano la strada per aprire il passaggio alle truppe che seguono. Il diciottenne sottotenente Alessandro Cortese de Bosis, del Corpo Italiano di Liberazione, è l'ufficiale di collegamento dell'8° Divisione indiana, inquadrato nel Nucleo Intelligence dell'VIII Armata.
L’aiuto dei reparti indiani risulta fondamentale per la liberazione di città come Perugia, Lucca, Firenze, San Marino, Cesena, Forlì, Ferrara e Bologna. 
Sei delle venti Victoria Cross, la più alta onorificenza dell'esercito britannico, assegnate per la campagna d'Italia sono concesse a soldati indiani. 
5782 soldati indiani sono morti per liberare il nostro paese di cui 147 sono sepolti al Cimitero di guerra di Firenze, in località Il Girone. In Italia ci sono trentasei cimiteri di guerra e quattro monumenti commemorativi, dove riposano i soldati indiani, tra i più importanti Arezzo, Sangro, Cassino, Forlì e Rimini, dove è presente il Cimitero di guerra Gurkha. 
A Firenze una lapide in via Elio Gabbuggiani, a lato della stazione Leopolda, ricorda l'impegno nella liberazione di Firenze del Punjab Regiment dell'8° Divisione indiana.

Dopo la battaglia di Montecassino, la Divisione indiana avanza verso il Nord e verso Firenze. Roma è liberata dagli americani, Siena dai francesi, Firenze spetta agli inglesi. I Maratha arrivano a Firenze dalla direzione di Scandicci. 

Durante i giorni della liberazione sono presenti in città e attraversano l'Arno per aiutare le forze partigiane contro la 4ª Divisione paracadutisti tedesca.

Tra il 12 e il 13 agosto il 15° Reggimento Punjab attraversa l'Arno e opera nella zona del Ponte alla Vittoria, dell'ippodromo e della stazione Leopolda, il 14 agosto è nella zona di San Jacopino.  Il 15 agosto è impegnato in combattimenti con i partigiani contro le unità tedesche che cercano di riguadagnare terreno nella zona del Mugnone. 

Insieme ai Maratha ci sono anche i reparti Gurkha, che affiancano i partigiani della Brigata Sinigaglia, il cui comando è alle scuole Sassetti in via Garibaldi. 

Il 22 agosto 1944 nello stabilimento FIAT che si trova al Ponte di Mezzo sono asserragliati una ventina di paracadutisti tedeschi disposti ad arrendersi solo in presenza degli Alleati, per paura di essere giustiziati dai partigiani. Concordata una tregua, i partigiani “Lella” e “Bastiano” riescono a farsi inviare un reparto di Gurkha grazie all’intervento del maggiore Mac Neam. I tedeschi, visti i soldati indiani sulla jeep, si arrendono. Gli indiani sono presenti anche a Campo di Marte, quartiere ancora occupato.

Un episodio significativo vede protagonista Don Pio Carlo Poggi, parroco partigiano della zona di San Gervasio, nel quartiere di Campo di Marte.

È la mattina del 18 agosto 1944, i tedeschi hanno finalmente lasciato la zona quando arriva una grossa automobile militare inglese da cui scendono il capitano Brando e il tenente Baron Sterling Henry Nahum, corrispondente della rivista “Parade”. 

Saputo di come si era organizzato il quartiere nei giorni di guerra, vogliono scattare fotografie dell'ospedale di Villa Ada, del cimitero di guerra dei Conti Rasponi in viale Bassi, della distribuzione dei viveri. 

Viene imbandito un pranzo tra i contadini del luogo, i feriti dell'ospedale di guerra, i due ufficiali inglesi, il parroco e tutta l'organizzazione ma purtroppo i cannoneggiamenti tedeschi riprendono. 

Don Poggi e il dottor Osvaldo Taddei decidono di farsi accompagnare dai due inglesi nel centro della città per avere notizie. Gli inglesi sono attestati dal Ponte al Pino fino al passaggio al livello dell’Affrico, controllato da truppe indiane. 

Appena l’auto svolta in via San Giovanni Gualberto, esce dalla prima casa della strada un gruppo di militari indiani che circondano l’auto su cui viaggiano. Sono stati scambiati per tedeschi a causa dell’elmetto che porta in testa il dottor Taddei.

Nahum indica la sua divisa, i gradi e l'elmetto britannico ma gli indiani non capiscono l’inglese. Il graduato indiano porta quindi Nahum puntandogli il mitra, nella casa dove sono acquartierati, mentre gli altri rimangono in macchina sorvegliati a vista. Quando Nahum torna con il militare indiano, sale a bordo e indica di ripartire con direzione lo stabilimento Pegna sul viale D’Annunzio, sede del comando del loro battaglione, ma anche qui non riesce a farsi capire, è stizzito “Questi scimmioni sudditi di Sua Maestà non capiscono l'inglese”.

Insieme a un sergente indiano, il viaggio riparte verso piazza Alberti, dove nel deposito del tranvai si trova il comando della brigata indiana. Scambiati per tedeschi, prigionieri degli indiani, la disavventura finisce quando Nahum riesce a parlare con un generale indiano, con un turbante di porpora ornato da centinaia di grosse perle e da un coloratissimo pennacchio, che comprende benissimo l’inglese.

La disavventura è finita, la macchina con Don Poggi e gli altri attraversa via Gioberti e in pochi minuti è alla Misericordia in piazza Duomo. 

Il tenente Nahum, di origini ebraiche italiane, sarà il fotografo di corte della famiglia reale britannica e amico personale del principe Filippo.

I soldati indiani nei giorni e nei mesi seguenti saranno impegnati nelle zone intorno alla Linea Gotica dove ritrovano i partigiani conosciuti a Firenze, perché tanti di loro, liberata la città, continuano la guerra arruolandosi come volontari nei Gruppi di combattimento del Regio esercito italiano, in particolare nella “Friuli”.

Unni è giornalista e diplomatico. Durante la guerra di Corea, è il rappresentante diplomatico per l'India nella Commissione per la Corea delle Nazioni Unite. 

Muore in Corea del Sud, lasciando la moglie e il figlio, il 12 agosto 1950 su un veicolo delle Nazioni Unite che salta su una mina. È cremato sul posto, Daegu, dove oggi sorge un monumento a suo nome. 

  • Alessia Cecconi, "Resistere per l'arte. Guerra e patrimonio artistico in Toscana. Dieci storie di uomini e di opere salvate", Edizioni Medicea, 2015, pp. 226-228
  • Alessandro Cortese De Bosis, "In terra di nessuno. Gli ufficiali italiani con i reggimenti alleati, 1943-45", Gabrieli, 1994
  • Eustace, D'Souza, "A Saga of Service. A History of 1st Battalion The Maratha Light infantry Light Infantry, Jangi Paltan 1768 to 1993", Bombay, 1994
  • Mauro Ottanelli, "Giordano Cubattoli. Una vita all'insegna della coerenza. Dalla lotta partigiana all'impegno civile", Firenze, Comune di Firenze, 2011
  • Sirio Ungherelli “Gianni”, "Quelli della Stella Rossa", Polistampa, 1999
  • "A tribute to the young indian soldiers who fought with bravery far away from home", Daanish books, 2007
  • Fosco Vandelli, "Al servizio di Dio e degli uomini", 1978, pp. 235-239

 

I soldati indiani e la Primavera di Botticelli, Castello di Montegufoni luglio 1944
Il Castello di Montegufoni è stata una delle sedi, individuate dalla Soprintendenza alle Gallerie, per depositare le opere d’arte di musei, chiese e collezioni private fiorentine e salvaguardarle dal pericolo dei bombardamenti

...dopo i canadesi e gli indiani giunsero a Montegufoni anche due reporter di guerra inglesi, il Maggiore Erik Linklater ed il giornalista Wynford Vaughan-Thomas della BBC, che rimasero meravigliati nel trovarsi di fronte a tante opere d'arte. Anche il capitano U.K. Unni Nayar degli indiani Mahrattas, dimostrando una non comune conoscenza dell'arte italiana, rimase affascinato dai dipinti. 
Nel diario di guerra del battaglione Mahrattas troviamo questa interessante annotazione:
“Il maggiore Erik Linklater ed il giornalista Vaughan Thomas della BBC ci hanno fatto visita e, dando un'occhiata al castello, si sono imbattuti per caso su una collezione di quadri inestimabili. Questi comprendevano la Primavera del Botticelli e famosi dipinti di Michelangelo. Vaughan Thomas inviò uno speciale dispaccio alla BBC descrivendo come egli si era imbattuto in questi quadri e la cosa venne sbandierata in tutto il mondo. Questa coincidenza sembra averci portato maggior pubblicità di ogni altro filmato che abbiamo portato fuori dall'Italia”.
Lo stesso maggiore Linklater si preoccuperà subito di mettere in sicurezza le stanze dove si trovavano i dipinti, facendo scrivere col gesso sulle porte e sui muri “OUT OF BOUNDS” e disponendo immediatamente un servizio di vigilanza con i soldati del battaglione Mahrattas, che rimarranno al castello fino al 7 agosto e riceveranno anche la visita del generale Russell, comandante della loro 8° Divisione Indiana.
Lettura tratta dal libro di Andrea Pestelli, “La Primavera del Botticelli nel castello di Montegufoni durante la guerra (1942-1945)” pubblicato nel 2017


Il partigiano “Lella”, i soldati indiani nella battaglia alla FIAT al Ponte di Mezzo, 22 agosto 1944 
Memorie di Sirio Ungherelli detto “Gianni”, commissario politico della Brigata Garibaldi Sinigaglia

Il ventidue agosto alla FIAT gli scontri furono sempre più violenti; più volte in una giornata riuscivamo a prenderla e altrettante volte la perdevamo, di fronte ai feroci contrattacchi tedeschi. Così fu il venti, il ventuno e parte del ventidue agosto, quando nel pomeriggio di quel giorno sferrammo l'attacco finale. Molti tedeschi scapparono via, ma lì nella fabbrica rimasero una ventina di parà tedeschi, i quali alle nostre intimazioni di arrendersi, risposero, inviando un loro parlamentare, affermando che si sarebbero arresi alla presenza degli alleati, perché i partigiani avrebbero fatto loro “Kaputt”. Fissammo un'ora di tregua, prendendo misure per non consentire loro nessuna fuga.
Cessato il fuoco da tutte e due le parti, Bastiano e Lella andarono dal Maggiore Mac Neam per relazionargli la situazione. Il maggiore inviò un reparto di Gurkha, combattenti indiani, su jeep e così, quando Bastiano e Lella arrivarono alla FIAT con quella squadra di commandos, i tedeschi vennero fuori, lasciarono le armi e salutarono militarmente i partigiani.
Il bilancio di quella giornata fu più che positivo, l'edificio di quella grossa fabbrica era stato liberato e per garanzia lasciammo una squadra partigiana e di SAP per difenderla. 
Lettura tratta dal libro di Sirio Ungherelli “Gianni”, “Quelli della Stella Rossa”, pubblicato da edizioni Polistampa nel 1999

I soldati indiani e “La Primavera” di Botticelli, Castello di Montegufoni luglio 1944
File audio
Il partigiano “Lella”, i soldati indiani nella battaglia alla FIAT al Ponte di Mezzo, 22 agosto 1944 
File audio
I Sikh e la Liberazione di Firenze

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