Luigi Gori "Gigi"

Le Squadre d'Assalto, gli atti di sabotaggio e le azioni contro fascisti e tedeschi

Luigi nasce a Macerata il 2 febbraio 1920.

Il padre, Gregorio, socialista, insegna in vari Istituti d'arte in Casentino, a Macerata e poi a Firenze. Licenziato, perché non si iscrive al Partito Nazionale Fascista, apre un laboratorio di mobili artistici, è ebanista, in via della Dogana. Collabora con l'architetto Giovanni Michelucci. 

La madre Jeanne Michaud è casalinga e con Gregorio si sono conosciuti a Parigi, dove, partito da Monte San Savino, era andato a studiare all'Accademia d'Arte.

Luigi ha due fratelli: Giuseppe, nato a Parigi, architetto che diventerà preside della Facoltà di architettura di Firenze e firmerà importanti edifici pubblici fra i quali, a Firenze, la casa dello studente di Careggi e il ponte Amerigo Vespucci e il mercato dei fiori di Pescia e Elena che durante la Resistenza, aiuta lo zio a evadere di prigione. La storia della sorella, persona riservata e schiva, è però solo nelle memorie di famiglia.

La casa della famiglia è in via Daniele Manin 5.

L’8 settembre 1943 Luigi “Gigi” Gori è a Firenze, in convalescenza reduce dalla campagna di Grecia. 
Con Alfio Campolmi e Andrea Bacchelli contatta il capitano Italo Piccagli e aderisce al Partito d’Azione, costituisce le Squadre d’assalto (SAS) che comanda fino alla Liberazione di Firenze e organizza e partecipa a numerosi atti di sabotaggio e azioni contro fascisti e tedeschi.

Il 7 luglio 1944 le SAS fanno saltare la centrale telefonica di via Cantagalli, vicino Porta Romana. L'azione da lui progettata e eseguita da Andrea Bacchelli, interrompe il sistema telefonico che collega il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante supremo delle forze tedesche in Italia, al fronte sud, per 36 ore può comunicare solo attraverso una radio. Organizza poi un attentato contro il responsabile della strage del 17 luglio in piazza Tasso Giuseppe Bernasconi, collaboratore di Mario Carità, comandante del Reparto dei Servizi Speciali che opera a Firenze durante il periodo della Repubblica Sociale.
Il colpo fallisce ma riesce a prenderne la macchina.

Alla fine di luglio del 1944, in vista della battaglia finale per la liberazione della città, le divisioni partigiane necessitano di armi e munizioni, in quest’ottica è organizzato l’assalto a commissariati e caserme.
Luigi Gori organizza l'assalto alla Questura. “È l'ora di disarmarla”, dice il partigiano Antonio Triglia Tonino "Palumbo”, vicecomandante della 1ª Divisione Giustizia Libertà
L'attacco è alla luce del giorno, alle 2 del pomeriggio, troppo pericoloso di notte con il coprifuoco.
Due partigiani, travestiti da operai della TETI, la vecchia compagnia dei telefoni, tagliano i fili telefonici in piazza Indipendenza isolando la Questura. Un altro gruppo fa da copertura in via San Gallo, altri mettono tre carretti dietro l'isolato.
“Gigi” e “Tonino” entrano in Questura. Il primo chiede del commissario, vuole denunciare il furto di biancheria intima.
Parlare col commissario è una scusa, i due sanno che la sua stanza è accanto all'armeria, che è il vero obiettivo della loro azione. Ma la giovane guardia, che li accoglie, riconosce “Gigi”, come il fratello della sarta di viale Manin. È a quel punto che  il partigiano tira fuori la pistola e insieme a “Tonino” immobilizza le guardie e un portaordini, che arriva dalla prefettura con un'informativa riservatissima “attenzione i partigiani si son dati a svaligiare commissariati, si prevede un assalto alla Questura”. 
Dopo fanno entrare i compagni per sequestrare le armi e portarle via.
I carretti sono pieni di armi e munizioni, i partigiani escono e "Gigi" è l'ultimo.
Nei giorni dell'emergenza riesce a mettere in salvo dalle requisizioni tedesche tre macchine dei Vigili del Fuoco prelevate dalla caserma in via La Farina. 

L’11 agosto Firenze è insorta e Palazzo Vecchio deve essere presidiato dai partigiani, il nuovo governo della città con il Sindaco Gaetano Pieraccini e tutta la Giunta, deve insediarsi. 

Due squadre d'azione assumono il compito: sono le SAS comandate da Luigi Gori e la terza compagnia SAP, comandata da Mario Pallanti. Gori si presenta alle 7 e chiede al vigile Puggelli di aprirgli la porta, vuole parlare con il comandante dei vigili Giannetti, a cui comunica che da quel momento egli assume il comando di Palazzo Vecchio. 

Una permanenza che dura poco, perché non c'è più il pericolo di un contrattacco tedesco. 

Nonostante una parte della città sia libera “Gigi” è impegnato in altre azioni. Dopo la liberazione del centro la nuova linea del fronte è sul torrente Mugnone e la sua squadra è inviata dal Comando Marte, il Comando militare unico toscano del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN), in ausilio ai partigiani che combattono contro i tedeschi sul Ponte al Pino. Finito lo scontro, si spostano sul cavalcavia delle Cure, respingendo i tedeschi, infine la squadra è inviata nella zona di San Jacopino ad aiutare la 3° Brigata Rosselli. Due donne, nuora e suocera, vanno al comando del Partito d'Azione per chiedere il recupero della salma del loro familiare, ucciso dai tedeschi lungo la ferrovia a Rifredi. È agosto, il caldo è torrido, il cadavere giace lungo i binari da tre giorni. Gori, Triglia e la staffetta Fiamma Boris, nonostante il recupero delle salme non sia compito delle SAS, decidono di aiutare le due donne e dopo aver recuperato il corpo lo portano fino al Giardino dei Semplici, luogo della provvisoria sepoltura.

Sono anche i giorni della caccia alle spie fasciste e ai franchi tiratori, Gori è preso di mira, mentre con la staffetta Vittoria De Pasquale transita per piazza Donatello in motocicletta. Perde il controllo del mezzo e cadono a terra, la ragazza si sloga una caviglia, sarà poi curata all'ospedale di via Giusti.

Infine a “Gigi” viene ordinato di catturare una spia, che si nasconde in un appartamento in via Giacomini, all'angolo con viale Don Minzoni. La trova con la moglie e molta attrezzatura, come radio, cifrario, messaggi e un rotolo di carta moneta, la arresta e la consegna agli Alleati. 


Nel 1946 interpreta il partigiano “Gigi” nel film di Roberto Rossellini “Paisà” nelle sequenze che raccontano della battaglia di Firenze.

Nel dicembre 1950 sposa la partigiana Anna Chirli. Avranno tre figli: Orsola, Francesca e Andrea.

Alla metà degli anni '60 è chiamato da Ruffilli, direttore dell'Agenzia generale italiana dello spettacolo Toscana, a far parte del gruppo che visiona in anteprima i film da distribuire. Il gruppo si fa poi promotore di una nuova istituzione: il “Festival dei popoli”. Fiero di esserne stato uno dei fondatori, ha conservato per tutta la vita la locandina del primo film proiettato: “L'uomo di Aran”. 

Nel 1996 è eletto nel consiglio direttivo dell'Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea. Muore a Firenze il 4 ottobre 1999.

  • Scheda di Luigi Gori in Alberto Alidori, "Liberare Firenze per liberare l'Italia: chi erano i partigiani. Memorie 1943-1945", a cura di Luca Giannelli, a cura di Luca Giannelli, Scramasax, 2022
  • Carlo Francovich, "La Resistenza a Firenze", La Nuova Italia, 1975
  • Giovanni Frullini, "La Liberazione di Firenze", Pagnini, 2006
  • Stefano Gallerini, "Antifascismo e Resistenza in Oltrarno. Storia di un quartiere di Firenze", Zella, 2014
  • Maria Luigia Guaita, "Storie di un anno grande", La Nuova Italia, 1975
  • Maria Cristina Tonelli, "Giovanni Klaus Koening. Un fiorentino nel dibattito nazionale", Firenze University Press, 2020, p. 41
  • Paolo Paoletti, "Firenze agosto 1944", Agemina, 2004
  • Paolo Pieraccini, "Guerra, liberazione, epurazione a Firenze 1939-1953. Un caso esemplare: il corpo dei Vigili Urbani", Pagnini, 1997

L'insurrezione di Firenze, 11 agosto 1944. I fiorentini si danno un governo
Memorie di Giorgio Spini, antifascista, membro del Partito d'Azione, trasmise da Radio Bari verso l'Italia occupata, con lo pseudonimo di Valdo Gigli. Distaccato dall'esercito italiano presso l'VIII Armata Britannica, lavorò sul fronte di guerra per lo Psychological Warfare Branch

Ma i comandi hanno da preoccuparsi avanti tutto delle casualties dei loro soldati: possono mica preoccuparsi anche degli italian civilians? In guerra, si sa, il tessuto che costa meno di tutti è quello della pella dei civilians. Quel che i generali non avevano previsto, e apparve invece chiaro come il sole quella mattina dell'11 agosto, era che i fiorentini si erano dati un governo – il CTLN – che bene o male riusciva a governare perfino in mezzo all'infuriare della guerra, proprio perchè i fiorentini lo volevano. Di furti, saccheggi, stupri e baraonde simili non ce n'era neanche l'ombra. Di piagnistei o di urla isteriche non se ne sentivano. 
I fiorentini stavano dando una prova tale, non solo di coraggio, ma anche di autodisciplina, di coscienza civica, di dignità, da lasciare a bocca aperta. 
Come ogni governo che si rispetti, anche il CTLN aveva il suo esercito: i partigiani della Divisione Arno garibaldina, della Divisione Giustizia e Libertà del Partito d'Azione e di altre brigate o formazioni di diverso colore politico. Ma non erano bande di bravacci che andassero in giro, rubacchiando a casaccio o che facessero il terrore dove passavano. Erano forze armate che avevano impegnato intanto le retroguardie tedesche in una serie di scontri e per giorni e giorni continuarono a ributtare il nemico indietro, di strada in strada.
Lettura tratta dal libro di Giorgio Spini, “La strada della Liberazione”, a cura di Valdo Spini, pubblicato da Claudiana editrice nel 2002


L'insurrezione di Firenze, 11 agosto 1944. Il primo comizio
Memorie di Ugo Corsi, militante e dirigente dell’organizzazione clandestina comunista, partigiano, tra i fondatori del distaccamento Stella Rossa - Faliero Pucci è commissario politico della Brigata Garibaldi Sinigaglia fino a luglio 1944, passa alla Brigata Garibaldi Lanciotto con cui entra a Firenze nei giorni della Liberazione

Avemmo l'incarico di occupare il Comune, la casa del fascio, la stazione e la Fortezza, e la tipografia de La Nazione: questi erano gli incarichi avuti per il momento dell'insurrezione.
La mattina dell'11 agosto – il suono della Martinella lassù non lo sentivamo – dopo un quarto d'ora, mezz'ora, vediamo arrivare Beppe Rossi che dice: “È l'ora!”
Noi usciamo fuori, però la popolazione era già nella strada, aveva sentito della Liberazione. Noi, fra due ali di pubblico, arriviamo in Via dell'Agnolo, dove allora c'era il circolo Dante Rossi, e lì ci fu il primo comizio, perché era pieno di gente e noi buttammo il Mongolo sulla terrazza del Dante Rossi e lui disse quattro parole. Da lì poi scendiamo fino al Palazzo Vecchio, lo occupiamo, e lì verso le 7 della mattina sappiamo della morte di Potente.
Mi ricordo che ci si schierò davanti alla scalinata e Gastone commemorò Potente. Mandammo poi il distaccamento di Corsinovi subito al Casone dei ferrovieri, metà della compagnia venne mandata alla Fortezza e si fermarono alla Guardia di Finanza in Via Faenza, tutta la III Compagnia rimase con noi per occupare la stazione. Alla stazione però c'erano i tedeschi, e lì iniziano i combattimenti per la liberazione di Firenze. 
Lettura tratta dal libro “I compagni di Firenze. Memorie della Resistenza (1943/1944)” pubblicato dall’Istituto Gramsci Toscano nel 1984

L'insurrezione di Firenze, 11 agosto 1944. I fiorentini si danno un governo
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L'insurrezione di Firenze, 11 agosto 1944. Il primo comizio
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Il partigiano Luigi Gori “Gigi”, le Squadre d'Assalto (SAS), l'azione alla questura
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