Il diario di un Internato Militare Italiano
Giulio Prunai nasce a Siena il 18 gennaio 1906. Il padre, Giuseppe, lavora al Monte dei Paschi ed è capitano della Croce Rossa. La madre, Maria Masi, impegnata anche lei nella Croce Rossa, è vice presidente dell'Associazione femminile di Mutuo Soccorso ed è colta, insegna l'italiano alle signore inglesi. La famiglia vive a Siena in Camollia insieme al nonno paterno Arnoldo, scultore e insegnante all’Accademia di Belle Arti.
Giulio studia al Liceo Piccolomini e si laurea in Giurisprudenza nel 1928.
Vince un alunnato Biringucci, cioè una borsa di studio assegnata a giovani senesi meritevoli, della Società di Esecutori di Pie disposizioni di Siena, si perfeziona in Storia del diritto italiano e nel 1934 entra all’Archivio di Stato di Firenze. Dal gennaio 1936 è trasferito a Siena.
Giulio è tenente commissario di complemento della Regia Marina in temporaneo servizio nel Corpo di commissariato della Marina Militare, destinato al Comando marittimo di Tolone, richiamato in servizio attivo per causa di guerra nel febbraio del 1943.
L’8 settembre 1943, l’armistizio fra il Regno d’Italia e gli Anglo-Americani lo sorprende nel porto di Tolone, dove è fatto subito prigioniero dalla Wehrmacht.
L'11 settembre agli ufficiali italiani, presenti al Forte Lamalgue e convocati sul piazzale della fortezza, viene chiesto di decidere se vogliono combattere a fianco dei tedeschi, far parte dei servizi ausiliari o essere fatti prigionieri. La gran parte dei presenti decide per la prigionia, Giulio Prunai è tra questi.
Cominciano i lunghi viaggi nei carri merci per raggiungere i campi di internamento in Germania e nei paesi da questa occupati.
Per sottrarre questi prigionieri all'assistenza degli organi internazionali, come la Croce Rossa, così come previsto dalla convenzione di Ginevra, vengono considerati dall’esercito nazista non "prigionieri di guerra" ma "Internati Militari Italiani", (IMI) termine che i prigionieri non conoscono riferendosi a sè stessi come prigionieri. Formalmente si sfrutta anche l’alleanza con il nuovo stato fascista in Italia, la Repubblica Sociale Italiana (RSI). Il vero obiettivo è disconoscerli come militari in quanto traditori, per usarli a proprio piacimento specie nei lavori relativi all’industria bellica, allo spostamento di macerie, nelle miniere, attività faticose e pericolose.
Il numero degli IMI è circa 650.000, 50.000 non ritorneranno a casa e moriranno a seguito di rappresaglie, di stenti, di freddo e di mancanza, pressoché totale, di assistenza medica. Nel corso della prigionia i membri della RSI cercano di convincerli ad aderire al proprio esercito con la promessa di tornare in Italia ma la grande maggioranza non aderirà, confermando la propria scelta.
Ad ogni rifiuto di collaborazione, corrisponde una riduzione di vitto: “la sboba”.
A seguito dell’accordo fra Hitler e Mussolini dell’agosto del 1944, tutti i militari, compresi gli ufficiali fino ad allora esclusi dal lavoro coatto, sono riconosciuti lavoratori civili e inviati anche loro al lavoro quando ormai si trovano in pessime condizioni di salute. Giulio riesce a evitarlo.
Dopo l'attentato a Hitler del 20 luglio 1944, la gestione dei lager passa dal controllo della Wehrmacht a quello delle SS.
Gli internati militari sono schiavi del Terzo Reich, sono sottoposti a ogni genere di umiliazione e pressione, a violenze e fame. Il cibo è “la sboba”, una brodaglia incolore e insapore, senza proteine.
Due volte al giorno viene fatto l’appello, che dura ore, al freddo: non sei un nome ma un numero, urlato in tedesco, il cui suono devi imparare da subito. Se il conto non torna, l'appello ricomincia, durando così ore, nel piazzale al freddo. Nessuno è escluso, nemmeno i malati, e chi cade a terra non può essere soccorso.
Ci sono violenze psicologiche e fisiche di ogni tipo, tra cui i morsi dei cani lupo delle SS.
Giulio Prunai riesce a scrivere il suo diario che riguarda il periodo dall’8 settembre 1943 al settembre 1945, data del suo ritorno a casa.
Lo scrive, come lui stesso racconta, con pezzetti di lapis “comprati a caro prezzo”, su buste da lettere aperte completamente, nella parte esterna bianca e in quella interna grigia e rigata, e poi usando il dattiloscritto del lavoro sull’Università di Siena, che ha portato con sé a Tolone, come supporto che ha il visto timbrato della censura perché considerato di interesse storico. Il timbro talvolta lo salva dalla perquisizione, aiutato dai compagni che, a seconda delle circostanze, nascondono per lui anche fascicoli del diario. Scrive sui fogli bianchi e poi fra riga e riga a matita e dopo la liberazione con la penna.
Per nascondere alle SS che sta scrivendo un diario Giulio usa il nome dei santi per datare, scrivendone il nome in italiano ma con lettere greche. Una volta, commiserandolo, avvalorano la versione che Giulio studia la storia dei santi. Nel diario, tenuto segreto per tutta la durata della prigionia, Giulio traccia un affresco particolareggiato della vita nei campi di concentramento: una storia giornaliera di fame, freddo, violenza, umiliazioni. Mille pagine di cronaca dei giorni del lager che dimostrano la necessità di registrare ogni accadimento da tramandare alle future generazioni. Giulio registra tutti gli eventi di cui viene a conoscenza e riporta lunghe liste di nomi di prigionieri, incontrati nei vari campi, con particolare cura per quelli toscani. Sette sono i campi dove Giulio è internato: Trier, Limburg e Deblin, nella Polonia occupata, e poi, in Germania a Wesuwe, Oberlangen, (vicino al confine con i Paesi Bassi) e Sandbostel e Wietzendorf, in Bassa Sassonia.
Il suo pensiero principale, nei due anni di internamento, è scrivere il diario per non dare ad alcuno la possibilità di modificare i fatti raccontati. Molte le tematiche trattate, fra queste la fame, un'arma con la quale i tedeschi cercano di debellare ogni forma di Resistenza, poi il freddo, le umiliazioni, la mancanza di assistenza sanitaria, gli attacchi degli insetti, le marce nel fango, gli spostamenti in treni affollatissimi da cui non è possibile scendere, perché chiusi a chiave. Altra forma di tortura è l’eventualità di essere uccisi dalle sentinelle senza comprenderne il motivo, spesso per trasgressioni che tali non sono. La vita in prigionia è appesa a un filo sottile e può recidersi in ogni momento.
Nel diario emergono il grande amore di Giulio per la natura che anche nei momenti più difficili non perde occasione di riferire sul paesaggio che sta osservando; l’amore per il bello, ammira i lavori artistici di chi sa dipingere e scolpire, si dispiace per le città tedesche distrutte; il valore dell’amicizia, di cui non può fare a meno, e che è al di sopra della politica e dei diversi modi di pensare; la speranza di rivedere la famiglia, la moglie Lina e il bambino Bibi, sempre al centro dei suoi pensieri; l’amore per lo studio e per il suo lavoro da cui discende indirettamente il riferimento di un numero incredibile di eventi registrati; la sua autoironia sottile e talvolta tragica.
Giulio “costruisce il suo tempo attraverso il diario e così tiene sempre aperta la porta del ritorno”, così scrive l’antropologo Pietro Clemente in un articolo dedicato al Diario. Racconta la sua Siena, i luoghi e i famosi negozi come il Masignani, che vende la pasta, il Soldatini, il sapone e i profumi, la sora Paolina, il tabacco, tutte informazioni che servono per comunicare alla famiglia quello che gli manca e superare la censura. Il racconto di una vita normale è un espediente per mantenere quel briciolo di umanità necessario a non soccombere alla barbarie nazista e alla guerra. Anche la lettura lo tiene in vita grazie ai libri della piccola biblioteca del lager . Quando legge, non sente il freddo, sembra saziare con i libri anche la fame, come sottolinea nel suo articolo il professor Stefano Moscadelli. Alla fine di ogni lettura, Prunai dà sempre un giudizio del libro letto, dimostrando di avere le doti di un recensore.
Il diario, decriptato, ordinato e dattiloscritto da Prunai negli anni Settanta è conservato presso l'Archivio di Stato di Siena. Giulio ne fece anche altre tre copie con la carta carbone per la moglie e i figli. Colpisce subito l’originalità del testo, forse unico per lunghezza e precisione. Dopo qualche incertezza, la figlia Maria (già dirigente bibliotecaria del MIC) ne comincia la trascrizione, secondo criteri da lei stessa indicati nell’edizione, improntati a renderlo più possibile adatto ad essere letto da un ampio pubblico, corredandolo di tantissime note.
Il testo, oggetto dell'edizione a cura di Maria Prunai e stampato da Polistampa nel 2020, è quello conservato all’Archivio e dai familiari, in pratica l'unico che esiste. Invece i fogli manoscritti, in gran parte illeggibili, perché assai deteriorati, sono conservati dal figlio Giuseppe Prunai.
Nicola Labanca, uno degli storici che più ha studiato gli Internati militari ed ha approfondito la figura di Prunai, rileva nel suo commento all’edizione, che nel Diario, un unicum per la sua ampiezza, sono confermati molti aspetti che gli storici avevano già cominciato a rilevare da quaranta anni, tra questi l'idea che quella degli Internati fu una forma di Resistenza, senz’armi, ma sempre Resistenza anche se al rientro in Italia il loro sacrificio non fu riconosciuto come tale. Il commento di Labanca, allontana il diario dall’oblio e ne considera vari aspetti e situazioni alla luce anche di quanto scritto in altri diari. Nonostante gli IMI abbiano preso parte al primo così detto “Referendum antifascista”, per la loro scelta di rimanere nei campi di prigionia piuttosto che aderire alla RSI, hanno poi fatto fatica a ottenere una collocazione nella memoria della guerra e della Resistenza.
Giulio Prunai ritorna a Siena soltanto il 5 settembre 1945.
Il 10 novembre 1947 gli è consegnata la Croce al merito di guerra per essere stato assegnato in "zona operativa 10.3.1943-9.9.1943".
Congedato dalla Marina, riprende servizio all’Archivio di Stato di Siena con altri archivisti appassionati, come Sandro De Colli, Giuliana Giannelli Cantucci, Ubaldo Morandi e collabora con il suo maestro, il direttore Giovanni Cecchini. È un archivista di grande levatura e studioso di storia senese. Cecchini lo descrive come il migliore dei suoi funzionari e uno dei migliori archivisti italiani, con un buon carattere e con l'unica pecca di non riuscire a fare rilievi di biasimo ai dipendenti, che comunque, dato il carattere, gli danno ascolto.
Il 27 marzo 1952 riceve la seconda Croce al merito di guerra "per internamento militare", il 26 marzo 1953 il riconoscimento Campagne di guerra 1943-1945. Lavora a Siena fino all'11 novembre 1954 quando è nominato Soprintendente archivistico per la Toscana. Si trasferisce a Firenze e svolge il suo incarico fino al pensionamento che avviene nel 1971.
Come Soprintendente promuove il censimento e il riordino di molti archivi comunali dei quali pubblica, nel 1963, gli inventari sommari, opera che costituisce un punto di partenza per chi vuole affrontare studi di storia locale. A questi anni risalgono gli “Acta Italica” della Fondazione italiana per la storia amministrativa dove Prunai cura la parte relativa alle fonti conservate nell’Archivio di Stato di Firenze dal XII al XIX secolo, dimostrando una profonda conoscenza della storia fiorentina e toscana attraverso l’evoluzione delle funzioni, svolte dai vari uffici.
Ma la sua opera più importante è quella per il salvataggio degli archivi privati e pubblici non statali, vigilati dalla Soprintendenza archivistica, alluvionati nel 1966.
Prunai si prodiga per trasferirli in locali asciutti e avviarli al restauro dopo i primi interventi di emergenza.
Con pochi collaboratori a disposizione e con scarse iniziali risorse economiche effettua la ricognizione degli archivi danneggiati, provvedendo ad allontanare il materiale alluvionato ed elaborando le procedure da seguire prima di avviare i documenti al restauro.
Al lavoro sul campo si affianca la ricerca di fondi e aiuti di ogni tipo, sia in termini economici che di risorse umane. È in questa emergenza che l'arte di organizzarsi con pochi mezzi appresa in prigionia gli è preziosa.
Il 13 gennaio 1972 è decorato Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Con decreto del 20 marzo 1984 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini lo nomina Benemerito della Cultura e nello stesso anno, il 16 agosto, gli consegna il Diploma d'onore di Combattente per la libertà, come Internato militare non collaborazionista.
La bibliografia delle centinaia di articoli, note e recensioni di Giulio Prunai appare sul “Bullettino senese di storia patria”, cui collabora dall’inizio degli anni Trenta fino ai primi anni Novanta.
A Giulio Prunai è intitolata la biblioteca della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana e la piazza dove ha sede l'Archivio di Stato di Firenze.
Muore a Firenze nel settembre 2002 e riposa al cimitero della Misericordia di Siena.
- Giuliano Catoni, "Giulio Prunai 1906-2002", in "Necrologi, «Bullettino senese di storia patria»", CXI (2004), pp. 462-463
- Pietro Clemente, "Un monumento diaristico della vita offesa. La sboba di G.Prunai e dintorni", in "Mai tardi", Istituto Storico della Resistenza senese e dell’Età contemporanea Vittorio Meoni, n. 2, 2021, (anno 16) pp. 7-13
- Nicola Labanca, "Prigionieri, internati, resistenti. Memorie dell’ “altra Resistenza”", GLF Editori Laterza, 2022
- "L’Arno fonte di prosperità, fonte di distruzione", a cura di Loredana Maccabruni e Carla Zarrilli, Polistampa, 2016
- Stefano Moscadelli, "La sboba. Appunti sul diario dell’internato militare Giulio Prunai", in "Bullettino Senese di Storia Patria", CXXVIII, 2021, Siena, Accademia degli Intronati, 2021, pp 453-508
- Giulio Prunai, "La sboba. Diario dell'internato militare n. 30067 dall'8 settembre 1943 al 5 settembre 1945", a cura di Maria Prunai, commento di Nicola Labanca, contributi di Luigi Salvadori, Marco Grassi, Cinzia Cardinali, Giuseppe Prunai, Polistampa, 2020
- "I centocinquant'anni dell'Archivio di Stato di Siena. Direttori e ordinamenti. Atti della giornata di Studio", a cura di Patrizia Turrini e Carla Zarrilli, Archivio di Stato di Siena, 28 febbraio 2008, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2011
La Resistenza degli internati militari
Uno dei tanti episodi di ribellione e dimostrazione di coraggio, 17 agosto 1944
Memorie di Giulio Prunai, internato militare
Stanotte nebbia, umido e freddo e siamo d'agosto! Che venga l'inverno? Adunata lunghissima, non si trovano i volontari per scaricare la torba. Il comando tedesco dà tempo cinque minuti per trovarli, altrimenti chiuderanno le cucine, nonostante che la Convenzione di Ginevra proibisca le punizioni collettive.
Scelgono loro e tra noi tocca a Mariani che è stato portato via a forza e siccome ai cancelli faceva resistenza si è preso un calcio nel culo dall'ufficiale del lavoro, non solo, ma l'interprete piccolo, quello che era a Deblin, che è altoatesino e di cui non so il nome, ma solo il soprannome, Borsalino, si sfila la cinghia e comincia a picchiare. Ma che non finirà più questa storia!
Lettura tratta dal libro di Giulio Prunai, “La Sboba. Diario dell’internato militare n. 30067 dall’8 Settembre 1943 al 5 Settembre 1945”, a cura di Maria Prunai pubblicato da edizioni Polistampa nel 2021.
A Oberlangen
Uno degli episodi di ribellione in un campo di prigionia che, con tanti altri, costituiscono una forma di Resistenza senz'armi
Memorie di Giulio Prunai, internato militare
Sabato, 5 agosto 1944
Qui non è come a Wesuwe che si poteva stare sulla porta delle baracche, qui spesso chiudono dentro e girano col cane. La durata della sera è lunghissima e la conta l'ha fatta Pantera. Alcuni capibaracca hanno salutato, alcuni no; allora ha messo in prigione il capitano, capo della settima baracca e il tenente, capo della sesta, che si sono rifiutati di presentargli la forza.
Però allo “sciogliete la righe” siamo restati lì fermi per protesta; dopo un'ora circa sono ritornati perché il capitano tedesco li ha mandati liberi e allora noi abbiamo sciolto le righe.
Smacco per Pantera, sono stati accolti dagli applausi e portati in trionfo.
Lettura tratta dal libro di Giulio Prunai, “La Sboba. Diario dell’internato militare N. 30067 dall’8 Settembre 1943 al 5 Settembre 1945”, a cura di Maria Prunai pubblicato da edizioni Polistampa nel 2021.