Dalla Nuova Zelanda a Firenze
Tau Rewharewha nasce nel 1920 in una famiglia maori. Il padre si chiama Whare Paun Rewharewha, la madre Tere Rewharewha e vivono nella contea di Waiapu, attraversata dal fiume omonimo, nella regione di Gisborne nel nord est della Nuova Zelanda.
Il nonno è Wi Pepere di Tikitiki, sempre della contea di Waiapu. Tau cresce a Waiomatatini si arruola nell’esercito nella vicina cittadina di Ruatoria. Per i maori è forte il senso della famiglia, la whanau è una famiglia allargata.
I maori hanno già combattuto nella Prima guerra mondiale e allo scoppio della seconda i capi maori fanno richiesta di creare un battaglione di soli maori.
Nasce quindi nel 1939 il 28° battaglione maori che fa parte della Seconda divisione neozelandese, l'unità combattente del Secondo corpo di spedizione neozelandese. Il battaglione è composto di volontari e conta tra i 700 e i 750 uomini, divisi in cinque compagnie. Quattro, composte da 125 uomini, sono da combattimento, una è il quartier generale e conta circa 200 uomini. Le compagnie sono guidate da un maggiore o da un capitano. Le compagnie, denominate A, B, C, D, sono organizzate secondo linee tribali e dunque zone di provenienza. Sono compagnie di fucilieri, fanteria. che combattono in Grecia, a Creta, nel Nord Africa e nella campagna d'Italia.
Il 28° Battaglione arriva a Taranto poco dopo l'8 settembre 1943 e risale tutta l'Italia fino a Trieste, distinguendosi per il valore e il coraggio.
È il battaglione che subisce più perdite ed è decorato con il maggior numero di medaglie, tra cui anche una Victoria Cross, la massima onorificenza dell'esercito britannico. Dal 1940 al 1945 prestano servizio nel 28° Battaglione maori 3600 soldati, 649 sono i caduti. Bernard Freyberg, comandante della Seconda Divisione neozelandese, ha sostenuto che nessun battaglione ha avuto così tante perdite come il 28° Battaglione.
Combattono nella battaglia di Monte Cassino. Si dice che il Generale tedesco Erwin Rommel, "la volpe del deserto”, abbia affermato “Datemi il battaglione maori e vincerò la guerra”.
La forza del 28° battaglione, comandato da ufficiali maori, è l'appartenenza dei soldati a uno stesso gruppo etnico e questo porta un forte spirito di unità, di orgoglio e di autonomia. Le popolazioni incontrate li descrivono come eccentrici, socievoli, e a volte si esibiscono nella loro tipica danza identitaria, la Haka.
Nel Chianti, nei dintorni di Firenze, combattono dal 22 luglio al 4 agosto 1944. La battaglia inizia da San Donato, poi liberano Tavarnelle, Barberino, San Casciano, Montespertoli, Empoli, Scandicci. Secondo alcune testimonianze di veterani sono i maori i primi ad entrare a Firenze, scendono dalle colline di Scandicci nella notte del 3 agosto e si attestano nella zona di Monticelli e al Ponte alla Vittoria altri, invece, sostengono che siano stati i sudafricani.
Amanti della musica, imparano facilmente la lingua italiana e riportano al paese d’origine in particolare la canzone “Buongiorno amore” del tenore Aldo Visconti, che diventa la canzone italiana più conosciuta. Il 28° Battaglione lascia l'Italia, salpando da Taranto, il 26 dicembre 1945 a bordo della Dominion Monarch.
Al rientro in patria, sono accolti con entusiasmo e ricevono dallo Stato un riconoscimento per reinserirsi nella vita civile.
Agli inizi di agosto del 1944 la compagnia C del 28° Battaglione maori si sta avvicinando a Firenze, i cui dintorni sono difesi dalla 29° Panzer grenadier division dell'esercito tedesco. La compagnia C arriva a Giogoli, una località sopra Scandicci.
La mattina del 3 agosto 1944, la città è alla vigilia della distruzione dei ponti, ed è in una cappa di silenzio, i fiorentini stanno lasciando le loro case, sta per iniziare l'operazione “Incantesimo di fuoco”.
Il tenente colonnello che guida il 28° Battaglione maori è Arapeta Marukitepua Pitapitanuiarangi Awatere, conosciuto come Pete. È amato e temuto dai suoi soldati, come un fratello maggiore, è coraggioso, sempre in prima linea, non si tira indietro, nemmeno nei giochi: un giorno, Tau se lo ritrova contro nel gioco del tiro alla fune. È anche un musicista e prima di una delle tante azioni militari, in una delle ville dei dintorni di Firenze, si mette a suonare Chopin al pianoforte.
Nel pomeriggio del 3 agosto 1944, il plotone del sergente Ngata trova un ostacolo imprevisto: i tedeschi sparano dal crinale della Villa Capponi a Giogoli e hanno individuato i soldati che si sono riparati dietro un orto sopra una collina.
Un mortaio di un cecchino tedesco ferisce la mano, per la terza volta, del soldato John Waititi e Tau si precipita a soccorrerlo ma il cecchino spara e lo colpisce tra gli occhi. Tau cade all'indietro sopra John morendo sul colpo e con lui Keepa Te Ua e Kaui Te Whanau “Bronco”.
I superstiti riescono a sganciarsi da quella postazione solo nella notte.
Al momento di andarsene, il capitano Ronald Backer chiede a suo cugino, il sergente George Ngata, di recuperare il corpo di Tau: sono cresciuti tutti e tre a Waiomatatini. Il sergente esita per non mettere a rischio la vita degli altri soldati ma poi con alcuni uomini, intorno a mezzanotte, recupera il corpo di Tau, che viene seppellito dopo le preghiere di padre Wi Huata. Tau Rewharewha muore a soli 24 anni.
Ronald Baker dice “Quando torniamo a casa diremo al nostro ’whanau’ che ci siamo presi cura di lui”.
Tau Rewharewha è sepolto al Florence War Cemetery, il cimitero militare a Il Girone, a pochi chilometri da Firenze. Il suo nome è nella Holy Trinity Memorial Church di Torere, in Nuova Zelanda.
- Claudio Biscarini, “San Michele, la battaglia dimenticata”, Centrolibro, 2005, pp. 145-188
- “I giorni della liberazione. 21 luglio 4 agosto 1944. Le truppe neozelandesi da San Donato alle porte di Firenze”, NTE SRL, 2009
- Andrea Pestelli, “Montespertoli '44”, NTE, 2012
- Franco Quercioli, “1944 la liberazione di Firenze. Partigiani e soldati alleati. Un viaggio nella memoria con i ragazzi di oggi”, CD&V 2021
- A cura di Franco Quercioli, “Spoon River 1944. Partigiani e soldati Alleati verso la liberazione di Firenze”, CD&V 2021, p. 135
- Monty Soutar, "Nga Tama Toa - The Price of Citizenship. C Company 28 (maori) Battalion 1939-1945”, Bateman, 2008, p.44
Il funzionario delle gallerie fiorentine e l'arrivo dei soldati neozelandesi
Memorie di Cesare Fasola, partigiano e nel Comando della Divisione Giustizia e Libertà di Firenze e funzionario della Soprintendenza alle Gallerie per le province di Firenze, Arezzo e Pistoia
Il Castello di Montegufoni è stata una delle sedi individuate dalla Soprintendenza per depositare le opere d’arte di musei, chiese e collezioni private fiorentine e salvaguardarle dal pericolo dei bombardamenti
Castello di Montegufoni, giovedì 27 luglio 1944
Verso le 15.30 comincia un nutrito fuoco di fucileria e mitragliatrici, bombe a mano, qui fuori del castello. Devo smettere di scrivere e scendo nel rifugio. A un tratto sentiamo sparare contro la porta di sopra, con l'intenzione evidente di sfondarla. Penso siano i tedeschi che ci cerchino per le rappresaglie per il tedesco ucciso. Su hanno trovato il Meoli; si fermano in alto sulle scale e invitano i civili a salire. È il momento più tragico che io passo. Grido qualcosa per farmi sentire da loro e rincuorare i presenti, tutti in silenzio mortale.
Compaiono i tre, armati di enormi mitragliatori: sono neozelandesi! C'è un breve silenzio, nel quale ci osservano e domandano se c'è i tedeschi. Poi la nostra tensione si spezza: dietro a me, da questi vecchi donne e bambini scoppia spontaneamente un applauso; le facce dei tre soldati, prima sorprese, si schiariscono in una bella risata, e ci si sente liberati.
Si sale tutti in casa e il Masti sacrifica le 4 bottiglie di Cherry – Brandy di Lord Sitwell da lui nascoste e salvate dai tedeschi.
Lettura tratta dal diario di Cesare Fasola conservato presso l'Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea
I soldati neozelandesi e la Primavera di Botticelli
Il Castello di Montegufoni è stata una delle sedi, individuate dalla Soprintendenza alle Gallerie, per depositare le opere d’arte di musei, chiese e collezioni private fiorentine e salvaguardarle dal pericolo dei bombardamenti
Castello di Montegufoni, luglio 1944
Il giorno 29 andò via la fanteria e fu sostituita dal comando dello squadrone B della Division Cavalry, un reparto motorizzato neozelandese, al quale apparteneva anche l'autoblindo che due giorni prima aveva sparato contro i tedeschi alla casa del Poggetto.
Il loro arrivo a Montegufoni è descritto con le parole di Bob Cotterall:
“Era una piacevole serata con il tramonto dipinto di rosa e di blu, quando Collins mi interruppe, dicendo: “Ponsoby, vecchio ragazzo, ti rendi conto che in questo castello c'è un immenso patrimonio d'arte? Hai letto dei Sitwell? Bene, questa è la loro casa.”
Io lo seguii ed il posto sembrava veramente inglese con i leoni rampanti sugli stemmi. Così entrammo dentro. Il solo occupante sembrava essere un gentile e vecchio italiano con l'aria di maggiordomo. Ci sentivamo come dei barbari in questa casa con la sua atmosfera aristocratica e noi con i nostri rozzi stivali militari. Ammassate alle pareti c'erano dozzine di quadri ed il più grande di tutti era disteso su di un tavolo. Questa immensa tela scura attirò la nostra attenzione.
Era là. Io lo conobbi. Io non sono un conoscitore d'arte, ma capìì subito che quello era “La Primavera” del Botticelli. Immediatamente ci rendemmo conto che eravamo in presenza di alcune delle maggiori opere d'arte del mondo e che quel luogo doveva essere immediatamente protetto.”
Lettura tratta dal libro di Andrea Pestelli, “La Primavera del Botticelli nel castello di Montegufoni durante la guerra (1942-1945)”, pubblicato nel 2017