Anna Maria Enriques Agnoletti

Le violenze fasciste, due fratelli nella Resistenza, i fucilati di Cercina

Anna Maria Enriques Agnoletti nasce a Bologna il 14 settembre 1907.
Il padre, Paolo, è uno dei maggiori biologi italiani e professore universitario. La madre, Maria Clotilde Agnoletti Fusconi, è sorella dello scrittore Fernando Agnoletti.
Il padre è ebreo, la madre cattolica ma nessuno dei due è praticante, per cui i due figli, Anna Maria e Enzo ricevono un'educazione laica “nel culto della libertà di spirito”.
La famiglia segue il padre, professore, a Napoli, a Sassari, a Padova e infine, nel 1929, a Firenze e si stabilisce in via Torta 9.

Anna Maria frequenta il liceo Michelangiolo e consegue la maturità classica nel 1926. In ottobre si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze, dove si laurea il 6 ottobre 1930 con una tesi in storia medievale, discussa con Nikolaj Ottokar, dal titolo “La vendetta nella vita e nella legislazione fiorentina”.

Nel 1932, anno della morte del padre, si diploma in Paleografia e Archivistica, inizia a lavorare all'Archivio di Stato di Firenze e nel gennaio 1936 diventa “primo archivista”.
Le leggi razziali del 1938 segnano il suo destino, è sospesa dalle sue funzioni in Archivio di Stato, perché ebrea. Si oppone al provvedimento, perché, anche se di padre ebreo, non non ha mai fatto parte della comunità ebraica, ma il tentativo non riesce.

Matura la conversione al cristianesimo tra il 1936 e il 1938, mentre la Spagna è dilaniata dalla guerra civile provocata dal colpo di stato dei generali contro la Repubblica.
Da ambienti cattolici francesi, nonostante la censura fascista, arrivano idee e spinte ad opporsi alla guerra come “guerra santa” e libri come quello di Jacques Maritain “Humanisme integral” dove il filosofo analizza i totalitarismi e individua come fondamento del vivere il valore della persona umana. 
A Firenze, i domenicani di San Marco con la rivista “Vita cristiana” fanno circolare queste idee ed è forse qui che Anna Maria incontra Giorgio La Pira con cui intraprende un rapporto di stima e affetto. L'opposizione di La Pira al fascismo è radicale e nel 1939 fonda la rivista “Principi”: è tempo di passare dall'intimismo religioso alla politica e all'impegno diretto. Una sola legge vale per gli uomini: quella dell'amore. Anna Maria legge “Principi” e ne è influenzata. L'impegno religioso è anche politico, è necessario dare forma terrena ai valori religiosi di pace e giustizia, fondare un cristianesimo sociale per migliorare l'umanità attraverso la solidarietà.
Il 14 ottobre 1938 decide di ricevere il battesimo da Don Giulio Facibeni, pievano di Santo Stefano in Pane nel rione di Rifredi, conosciuto come “il padre”. Don Facibeni accoglie nella sua parrocchia centinaia di ragazzi senza sostegno. La conversione è una decisione intima, autentica, è libera scelta e non è legata a motivi di opportunismo.

La famiglia di Anna Maria è in difficoltà, la ragazza ha bisogno di lavorare, così La Pira riesce a trovarle un impiego presso la Biblioteca Vaticana a Roma, grazie anche all'aiuto del cardinale di Firenze Elia Dalla Costa. Lo stipendio è modesto ma sufficiente per pagarsi un pensionato di suore, la Villa Mater Dei nel viale delle Mura Aurelie. Qui condivide la stanza con Silvestra Tea Sesini, collega della Vaticana e compagna di lotta e insieme frequentano l'Unione Donne di Azione Cattolica.
A Roma conosce Alcide De Gasperi, Igino Giordani e, soprattutto, Gerardo Bruni, cattolico, antifascista, uscito dal Partito Popolare. Dal loro incontro nasce il primo nucleo del gruppo Cristiano sociale, poi Movimento Cristiano Sociale, che aspira ad essere autonomo dalle gerarchie ecclesiastiche ed è contrario all'idea di costruire la Democrazia Cristiana, a cui si sta dedicando De Gasperi.
Gerardo e Anna Maria sono avversi a ogni forma di confessionalismo e di clericalismo e promotori di una sorta di socialismo di stampo liberale ispirato al Vangelo. Il Movimento si diffonde in Toscana, Lazio, Lombardia, Veneto, Emilia e stampa il giornale clandestino “L'Azione”.

Nel marzo 1943 si tiene a Roma il primo congresso durante il quale decidono di non confluire nella Democrazia Cristiana, il nuovo partito dei cattolici, erede del partito popolare di don Luigi Sturzo. 
Si ribadisce che per evitare la guerra fra classi economiche l'unico mezzo è abolire le classi e mettere capitale e lavoro nelle stesse mani.

L'8 settembre 1943 Anna Maria è a Roma, dove continua a tessere relazioni antifasciste ma in ottobre lascia l'impiego alla Biblioteca Vaticana e rientra a Firenze sia per stare accanto alla madre rimasta sola, perché il fratello Enzo elemento di spicco della Resistenza, è componente del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale ed è sempre imprigionato, sia per proseguire l'attività di Resistenza in città.
Al Movimento Cristiano Sociale si unisce anche Don Roberto Angeli, prete di Livorno, che guida un gruppo di giovani. Anna Maria è il tramite tra il gruppo di Roma e il nuovo nucleo toscano. A Livorno il gruppo stampa clandestinamente il giornale “Rinascita”, poi stampato a Firenze dalla Libreria Editrice Fiorentina.
Anna Maria ne è una formidabile divulgatrice.
Le vengono affidati soldi da usare per aiutare i prigionieri Alleati sfuggiti ai tedeschi che sono nascosti nelle campagne intorno a Vicchio, a Borgo San Lorenzo, a Pistoia. Circa 1500/1600 uomini che hanno bisogno di vestiti, di cibo, di tutto. Le è affidato in particolare un gruppo di soldati inglesi, come racconta la partigiana Maria Luigia Guaita. Cura il collegamento per la trasmissione di informazioni militari agli Alleati. 
È il tramite, grazie al fratello Enzo dirigente del Partito d'Azione, per costruire un accordo tra i Cristiano Sociali e il Partito d'Azione, testimoniato anche da un articolo pubblicato sul giornale clandestino “La Libertà” nel febbraio 1944.
Assiste le famiglie ebree, procurando loro documenti d'identità e accompagnandole in Comune per l'atto notorio.
Il 15 maggio 1944 è arrestata con la madre nel loro nascondiglio di via Tripoli.
Anna Maria ha addosso documenti d'identità, timbri, carte annonarie e varie copie di “Rinascita”, dove in un articolo si legge: “Rinascita indica un atteggiamento ed esprime una grande speranza. È l'atteggiamento dei giovani che, in questo crogiolo di sofferenze e di lotte, sentono il bisogno di nascere ad una nuova vita dello spirito: vita di libertà e di cosciente responsabilità di fronte agli immensi problemi della storia e della civiltà.”
Due giorni prima due persone si presentano ad Anna Maria, per conto di Emilio Angeli, il “Nonnino”, padre di Don Roberto Angeli che è della Resistenza, è una persona che collabora con lei.
Ma i due sono degli agenti provocatori, il nome di Anna Maria è venuto fuori da un interrogatorio di alcuni componenti del gruppo romano.

Madre e figlia sono portate a Villa Triste, in via Bolognese, dalla famigerata Banda Carità, nome del Reparto dei Servizi Speciali che opera a Firenze durante il periodo della Repubblica Sociale, comandato da Mario Carità.
Anna Maria è picchiata, torturata e tenuta sveglia per otto giorni e otto notti, sono i tedeschi della SD (il Servizio di Sicurezza delle SS) a occuparsene. Le impediscono di sdraiarsi e di dormire e si danno il cambio per assicurarsi che ciò avvenga.
Tra loro, uno solo, impietosito, le suggerisce di fingere uno svenimento ma Anna Maria rifiuta, resiste, non parla e non rivela niente.
La prelevano e con la madre la portano nel carcere femminile di Santa Verdiana. È in una cella di isolamento, la madre invece con detenute comuni, fra cui tante donne ebree pronte per essere deportate. Rimane tre settimane in isolamento, è accusata di spionaggio e di ricoprire una funzione dirigenziale in un movimento clandestino di Resistenza.
Il capo delle SS tedesche dà l'ordine di non farle ricevere alcun pacco e sollecita il direttore del carcere a farle scrivere qualche biglietto per poter ottenere informazioni. Ma il direttore Mazzarisi e suor Gaetana attenuano, per quanto loro possibile, l'isolamento e proprio grazie a suor Gaetana, una notte, Anna Maria riesce a parlare con la madre.
La sera del 12 giugno 1944 Anna Maria è prelevata dalla sua cella, mamma Clotilde riesce appena ad intravederla.
I tedeschi dicono alle suore che la portano al Nord e questo le suore riferiscono a Clotilde. Ma la macchina si avvia verso Cercina, una frazione di Sesto Fiorentino tra Trespiano e Monte Morello. Con Anna Maria ci sono sei giovani uomini, tra questi il capitano Italo Piccagli del gruppo Radio Co.Ra. e un ignoto soldato cecoslovacco. Camminano piano lungo un sentiero sopra la Pieve e nei pressi di una piccola radura vengono tutti fucilati.
Uccidono Anna Maria, mirando al volto, “non è azzardata l'ipotesi che il suo stesso atteggiamento così sereno e fermo, incrollabile, abbia condotto i suoi accusatori e carnefici a voler uccidere, con la sua persona, una personalità d'eccezione”. Sono le parole di Clotilde in una memoria dattiloscritta, conservata dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea.
Le salme sono abbandonate a poca distanza l'una dall'altra.
L'11 agosto Firenze è libera. Così la madre Clotilde: "Ma il tempo passa anche per chi ha finito le sue lacrime; anche per chi non può più aspettare che una cosa, l'ultima, pur cercando di far sì che le sue più crudeli cicatrici non si riaprano fino a far sangue; per gli altri questo occorre, se non per sé; per non pesare poi troppo sugli altri, che hanno diritto alla vita viva, ancora serena e buona, e che han bisogno di cancellare il brutto".
Anna Maria Enriques Agnoletti è decorata con la Medaglia d'oro al valor militare.

  • Scheda di Anna Maria Enriques Agnoletti in Alberto Alidori, “Liberare Firenze per liberare l'Italia. Chi erano i partigiani. Memorie 1943-1945”, a cura di Luca Giannelli, Scramasax, 2022
  • “Donne e Resistenza in Toscana”, Comitato femminile antifascista per il 30° della Resistenza e della liberazione in Toscana, Tipografia giuntina 1978, pp. 30-34
  • Carlo Francovich, “La Resistenza a Firenze”, La Nuova Italia, 1975
  • Andrea Mugnai, “Ora che l'innocenza reclama almeno un'eco. Testimonianze da Villa Triste 1943-1944”, Il Vantaggio, 1990
  • Anna Scattigno, “Dalle carte d'archivio all'impegno nella Resistenza” in “La scuola di archivistica paleografia e diplomatica Anna Maria Enriques Agnoletti”, a cura di R. Manno Tolu- F. Martelli, Polistampa, 2005, pp. 15-44
  • Memoria dattiloscritta, “Firenze, via Torta 9, settembre 1944” in Fondo Enzo Enriques Agnoletti, conservato presso l'Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea

La morte di una partigiana
Anna Maria Enriques Agnoletti, partigiana, torturata e fucilata a Cercina, una frazione di Sesto Fiorentino,  il 12 giugno 1944

Fu interrogata, battuta brutalmente anche sul viso, tenuta sveglia per una settimana intera: ma non parlò e finse di non conoscere nessuno di coloro coi quali aveva collaborato. Il suo carattere tanto dolce e sereno si dimostrò allora di una fortezza eccezionale. Col suo silenzio, salvò tutti gli amici di Firenze. Dopo otto giorni fu trasferita a Santa Verdiana e così poté un poco riposare. Qui tutti rimasero edificati, dal Direttore alle Suore, della sua serenità e tranquillità.
La sera del 12 giugno fu portata via a titolo di “scarcerazione definitiva”. La madre la vide passare per il corridoio per l'ultima volta: camminava con le braccia pendenti lungo il corpo, la testa un po' china in avanti; la sua attitudine era di abbandono. Avrà sentito forse nel segreto della sua anima il contrasto tra la speranza della liberazione e il timore di nuove torture. Tuttavia non domandò qual era la sua sorte. Trasferita presso la sede delle SS in Via Bolognese, di qui, con altri sei Patrioti, le mani legate, fu condotta in macchina presso Cercina. 
A nessuno fu annunziata la condanna, ed erano tutti votati alla morte: ignari dell'insidia si allontanavano senza un addio. Andavano per una strada di campagna sotto un palpitare di stelle, fratelli di una stessa idea, uniti da un vincolo, che non si spezza. Anna Maria era la sola donna. 
Che cosa sarà passato in quegli ultimi momenti nella sua anima?
Lettura tratta dall'articolo di Aldo Spada, “Anna Maria Enriques”, pubblicato sulla rivista “Vita Sociale” del luglio-agosto 1945

Erano giorni o secoli per quella madre?
Passo della lettera di Clotilde Fusconi, madre di Anna Maria Enriques Agnoletti, partigiana, fucilata a Cercina, una frazione di Sesto Fiorentino, il 12 giugno 1944, in risposta a Patrizia, studentessa della scuola città Pestalozzi, marzo 1958

La lettera è conservata presso l'Istituto storico toscano della Resistenza e dell'età contemporanea
Il 12 giugno, dalla sua cella, la mamma intravide appena la sua diletta figliola portata via dal carcere. Alle buone suore i nazisti avevano detto che l'avrebbero portata in alta Italia, e così fu riferito alla madre. 
La notte stessa, invece, la condussero a morte (per mano loro!) nei boschi di Cercina; sola donna lei con altri sei giovani martiri. Rimase in carcere la mamma, altri nove giorni; poi fu lasciata tornare a casa, sola con la sua croce. Non sapeva ancora ma sentiva, sia pure senza certezza. E il figlio? Colpito crudelmente dalla sorte della sorella cara, più che mai logorava se stesso, nel rischio attivo d'ogni giorno, per finirla con quei delinquenti tedeschi e fascisti italiani! Mentre la mamma si logorava dentro, fra gli angosciosi sulla sorte di tutti e di tutto per cinquanta giorni ancora; ma erano giorni o secoli per quella madre? 
Poi venne l'11 agosto, rivide il figlio, con la sua brava compagna; esausti, malato lui, ma col cuore in pace per non aver sofferto e rischiato invano; forse. La mamma seppe, finalmente, di Anna Maria e le parve che con l'anima, anche le sue braccia avrebbero per sempre spasimato per non poter mai più stringere al cuore la sua impareggiabile figliuola.

La morte di una partigiana
File audio
Erano giorni o secoli per quella madre?
File audio
La partigiana Anna Maria Enriques Agnoletti, le azioni e la morte a Cercina

Pagine correlate

Gallerie correlate

Scroll to top of the page