Le azioni quotidiane di un staffetta, un vero e proprio ufficiale di collegamento
Miranda nasce a Bagno a Ripoli in provincia di Firenze il 13 maggio 1925.
Il padre si chiama Aurelio, la madre Giulia Fabbri, vivono in via del Paradiso 19 nel quartiere di Gavinana in una zona tradizionalmente anarchica e socialista.
Nel 1921, durante le barricate seguite all’uccisione del segretario del Sindacato dei ferrovieri e della sezione del Partito Comunista d’Italia Spartaco Lavagnini da parte degli squadristi, il quartiere si ribella alle violenze del fascismo.
Miranda cresce in una famiglia socialista. Sua zia Bianca, famoso soprano, canta nei più importanti teatri d'Italia e all'estero. Al debutto a Roma con Turandot, è invitata da Mussolini a Palazzo Venezia per ricevere una sua foto con dedica ma declina cortesemente l'invito, giustificandosi che deve preparare la Messa da requiem.
Miranda fin da giovane è testimone di soprusi da parte dei fascisti, vede gli oppositori al regime vivere nella paura e nella povertà, percepisce le ingiustizie e sente forte in lei il desiderio di cambiare le cose.
Quando a Firenze arrivano i gerarchi fascisti o i membri della famiglia reale, alcuni uomini spariscono dalla circolazione per giorni: sono i socialisti, i comunisti, gli anarchici, tenuti in custodia in carcere per qualche giorno. Eppure per la giovane Miranda sono i più gentili, i più buoni, quelli che vendono e regalano le mele cotte. Miranda ci soffre, piange, non capisce. Qual è la loro colpa?
L'8 settembre 1943 con la firma dell'armistizio, Miranda si convince ad entrare in azione.
Trova nel portone di casa dei volantini di propaganda antifascista e li porta al Bandino, piccolo borgo nel quartiere di Gavinana, dove è sicura di trovare molte persone riunite perché ospita gli sfollati del Genio civile e militare. Molte di quelle persone le conosce già.
Incontra la persona giusta, un comunista, fa parte del Sottocomitato di Liberazione Nazionale di Gavinana. Le chiede se vuole far parte dell'organizzazione e che cosa è disposta a fare. Miranda si confronta con i compagni dell'organizzazione e capisce che i loro ideali d'altruismo sono anche suoi, decide così di entrare nella Resistenza.
Entra nelle Squadre di Azione Patriottica (SAP) della I zona PCI con il ruolo di staffetta. È un compito pericoloso che per la maggior parte del tempo svolge da sola, ma l’obiettivo di Miranda è coinvolgere più persone nella Resistenza. Riesce così a formare un gruppo di giovani che la affiancano in operazioni di disturbo e di boicottaggio.
Le azioni sono: lancio sulla strada di chiodi a tre punte per forare i pneumatici dei camion e delle motociclette dei tedeschi, girare i cartelli stradali per disorientare e rallentarli, tagliare i fili telefonici, fare buche nel terreno perché i carri armati impieghino più tempo per percorrere il tratto di strada, segnalare al Sottocomitato i movimenti dei tedeschi.
Come staffetta e componente del Sottocomitato Comitato di Liberazione Nazionale, si muove di notte, esce dopo il coprifuoco, ha l’appoggio del quartiere che la copre.
Di giorno riesce a organizzare un gruppo di giovani donne con cui distribuisce volantini nei mercati e nel centro di Firenze. Rischiano moltissimo per sé e per l'organizzazione clandestina.
Miranda s'impegna nel rione del Paradiso anche per il Soccorso Rosso con attività di raccolta di soldi in aiuto alle famiglie dei partigiani in montagna, per quelli feriti o in condizioni di difficoltà.
Porta le medicine, le garze, le fasce e il cibo ai partigiani nella zona della salita dei Moccoli, nella casa della famiglia Poggesi, che ospita i partigiani feriti di San Polo in Chianti della 22° bis Brigata Garibaldi Sinigaglia al comando di “Gracco”.
Ogni giorno, come staffetta, ha il compito di portare ordini e informazioni ai partigiani. Consegna armi e, una volta insieme ai compagni, le mette in una cassa da morto fingendo di fare un funerale. Le armi a volte, vengono dalla Torre della Zecca, dove un tempo si coniava il Fiorino d'oro, procurate da un compagno che ci lavora. I partigiani utilizzano anche il lungo camminamento che da sotto la torre porta nel quartiere di San Niccolò, così come lo usavano le guarnigioni fiorentine. Da rifugio antiaereo il sottopasso diventerà poi qualche anno dopo la fine della guerra, sede di un bar del PCI.
Miranda porta in città i caricatori dei mitra, li mette nella borsa piena di verdure, a volte incrocia i nazisti e ci sono momenti di paura, come quando riesce a ingoiare il biglietto contenente degli ordini prima della perquisizione “Il nostro impegno era di farci ammazzare tutti piuttosto che parlare e fare dei nominativi”.
A volte ha l'incarico di accompagnare qualche compagno clandestino o un gappista che sta per compiere la sua azione: un uomo con al fianco una donna desta meno sospetti.
Ma l'azione più pericolosa è quella di giovedì 3 agosto 1944.
Alle 14 il Comando tedesco fa affiggere i manifesti con cui proclama lo stato di emergenza, i fiorentini hanno tre ore per raccogliere acqua, viveri e i pochi averi e proteggersi dall'operazione “Feuerzauber”, Incantesimo di fuoco, che prevede la distruzione dei ponti della città per trasformare l’Arno in una trincea e arrestare così l’avanzata degli Alleati.
È proibito lasciare le case, camminare per le strade e le piazze. Tutte le finestre, gli androni, le entrate delle case devono restare chiuse notte e giorno e tutti devono rimanere nelle cantine o nelle chiese o in altri grandi edifici. Le truppe tedesche hanno l'ordine di sparare a chiunque venga trovato per la strada o alla finestra.
Alle 17 del 3 agosto Firenze è una città spettrale.
Accanto alla casa di Miranda è insediato un Comando delle SS, confina con l'orto della sua famiglia. I nazisti hanno messo il cavo del telegrafo tutto intorno alla casa e a Miranda spetta il compito di tagliarlo per interrompere le comunicazioni, proprio la notte del 3 agosto.
È di guardia al muro che divide quella casa dalla sua, quando vede arrivare un comando tedesco a cavallo che dà ordini di ritirata. Tutti i tedeschi se ne vanno in fila indiana, passando proprio sotto la finestra di Miranda e quindi non è più necessario tagliare il cavo.
Quella notte tra il 3 e il 4 agosto, dalle 22, saltano i ponti di Firenze e scoppiano le mine anche al Paradiso. Senza la ritirata dei nazisti quella zona sarebbe stata distrutta. Come dice Miranda “i tedeschi avrebbero fatto saltare tutta la zona su cui dovevamo combattere e che era proprio quella, come ho detto, che era stata minata: probabilmente saremmo morti tutti”.
Durante l'alluvione dell’Arno del 1966 è impegnata nel Comitato di soccorso di Gavinana che ha la sua sede al Circolo Vie Nuove. Aiuta a raccogliere viveri e vestiario per gli alluvionati e lavora alla Biblioteca Nazionale Centrale dove restaura i libri danneggiati dall'alluvione.
Abita in via Francesco Datini 56. Muore il 20 settembre 1999. Riposa al Cimitero del Pino a Firenze.
- Scheda di Miranda Scacciati in Alberto Alidori, "Liberare Firenze per liberare l'Italia. Chi erano i partigiani. Memorie 1943-1945", a cura di Luca Giannelli, Scramasax, 2022
- Alloisio, Mirella – Beltrami Gadola "Giuliana", Volontarie della libertà. 8 settembre 1943-25 aprile 1945", 2003, p. 83
- Testimonianza di Miranda Scacciati in Comune di Firenze. Consigli di quartiere 1-2-3. Comitato fiorentino Oltrarno 50° anniversario della Liberazione, "8 marzo 1994. Le donne dell'Oltrarno nella resistenza... e oggi", 1994
Come divento partigiana e la lotta per un mondo nuovo
Memorie di Miranda Scacciati, partigiana delle Squadre di Azione Patriottica (SAP), particolarmente attiva nel quartiere di Gavinana. Per gentile concessione di Ilaria Scacciati
Poi incontrai la persona giusta: una persona, cioè, che essendo iscritta al Comitato di Liberazione della zona mi consentì di inserirmi nell'organizzazione.
Mi spiegò cosa fosse necessario fare, mi chiese quale fosse la mia disponibilità e mi spiegò cose che ancora non sapevo: così avvenne il mio incontro con l'organizzazione della Resistenza che lì era rappresentata dal Partito comunista. Cominciai a parlare con i compagni, a capire la bellezza di certi ideali, soprattutto sentivo profondamente l'ideale dell'altruismo, di questa volontà di creare un mondo nuovo, dove l'uomo fosse libero e si sentisse realizzato.
Così sono entrata nel movimento clandestino con uno spirito particolare, non solo per mandar via i fascisti ma anche per creare una società profondamente diversa anche se non mi spiegavo ancora bene come ciò potesse avvenire.
Il significato della lotta partigiana
Memorie di Miranda Scacciati, partigiana delle Squadre di Azione Patriottica (SAP), particolarmente attiva nel quartiere di Gavinana. Per gentile concessione di Ilaria Scacciati
Una delle cose veramente grandi, veramente meravigliose che abbiamo cominciato allora a vivere, come io mi sentii di vivere quando entrai nel movimento clandestino, è questa grande capacità umana, questo grande legame di affetto, questo rispetto che c'era anche nei miei confronti, che pure ero ancora una ragazzina.
Io mi sentivo veramente molto sicura con questi compagni: tutto questo ci faceva intravedere l'uomo del domani, quale tipo di società si doveva costruire e che cosa doveva avere l'uomo.
Quando l'uomo può dare, può costruire, può adoprarsi per gli altri, diventa veramente capace, diventa umano, bravo, intelligente, trova tutto quel potenziale che abbiamo addosso e che il fascismo aveva soffocato. Questa era la grande premessa che mi cresceva dentro nella visione di una società diversa.