Giordano Cubattoli "Lella"

La lotta partigiana prosegue nei Gruppi di combattimento per liberare il resto d'Italia e l'impegno sociale nel dopoguerra

Giordano nasce a Pomaretto in provincia di Torino il 3 settembre 1925.

Il padre, Guido, fa il calzolaio e la madre, Zelinda Midollini, fa la mettifoglio per la Stianti, l'officina grafica più importante della Toscana. Sono di San Casciano Val di Pesa ma Guido, socialista, nel 1921 aderisce al Partito Comunista d'Italia e le sue idee considerate sovversive lo spingono verso la Francia, terra di fuoriusciti socialisti e comunisti. 

Si ferma nel piccolo paese di Pomaretto, sopra Pinerolo. Torna a San Casciano solo per sposare Zelinda e insieme partono nuovamente per il Piemonte ed è qui che Giordano nascerà.

La famiglia Cubattoli è costretta a tornare a Firenze dal Piemonte a causa delle idee antifasciste. La loro prima casa è in via Duprè mentre in via Centostelle 102 il padre apre un negozio di calzolaio. 

Nel 1931 Giordano frequenta la scuola elementare maschile Garibaldi in via Goito, poi consegue la licenza alla scuola Boccaccio. I Cubattoli si spostano in via Faentina 242, poi al 310 nella zona chiamata “Il Lapo”, rione popolare e vivace.

Nel 1937 il padre è arrestato e condannato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato a quattro anni di carcere lasciando la famiglia senza sostegno morale e finanziario che può comunque contare sugli aiuti dei compagni del Soccorso Rosso, l’organizzazione che si occupava di sostenere i comunisti in difficoltà e le loro famiglie.

Nel 1938 Giordano ottiene la licenza elementare ma non può permettersi di studiare, deve lavorare. 

Trova lavoro alla tipografia Vallecchi in viale dei Mille, prima come fattorino e poi si sposta nel reparto dove gli operai non hanno la tessera del fascio. È il reparto dei “bigi”, ovvero di coloro che pur non apertamente ostili al fascismo non lo sostengono: un ambiente favorevole alle idee di un ragazzino con il padre in carcere per idee sovversive. 

A 14 anni è licenziato e riesce a trovare un nuovo impiego alla tipografia Maccanti in via del Palazzo Bruciato, poi a San Casciano alle officine Stianti: il tipografo, ormai, è il suo mestiere.

Il 25 luglio 1943 Mussolini è destituito e questo accende un filo di speranza dopo duri anni di guerra. 

La mattina dopo Giordano, al lavoro alla Stianti, prende il ritratto del Duce appeso ad una parete e lo getta nel campo. Un'ora dopo il portiere dello stabilimento lo avverte che il maresciallo vuole parlargli, lui si butta dalla finestra e scappa nei campi: è il suo primo atto pubblico di Resistenza. 

Dopo l'8 settembre 1943, i tedeschi arrivano a Firenze e i fascisti rialzano la testa.

Il 10 settembre fanno visita ai Cubattoli chiedendo di Guido. Giordano corre in bicicletta ad avvertire il padre che dorme da un'insospettabile famiglia in via Caracciolo.

Sabato 25 settembre Firenze subisce il primo bombardamento da parte degli angloamericani. L'obiettivo è la stazione di Campo di Marte ma le bombe distruggono tutto: via Mannelli, via Capodimondo, viale Mazzini fino a piazza della Libertà. Non è più sicuro restare a Firenze. Guido e Giordano trovano rifugio a Fossato, vicino Vernio, dove è già operativo il gruppo del Partito d'Azione guidato da Giuseppe Cusmano.

Guido porta gli attrezzi da calzolaio per racimolare un po' di soldi mentre Giordano fa la spola con Firenze per prendere il cuoio che serve al padre. In questo modo viene a sapere dell'uccisione, il 1 dicembre 1943, del tenente colonnello Gino Gobbi, il rastrellatore di renitenti alla leva. Giordano è insofferente, vuole agire. 

Ai primi di marzo del 1944 entra in clandestinità nella formazione garibaldina Stella Rossa poi Faliero Pucci, conosciuta come “quelli della stella rossa”, perché sul petto o sul berretto portano una piccola stella rossa, ricavata dalla stoffa di vecchie uniformi dei Carabinieri. 

Col tram fino al Girone, poi a piedi passando per Pontassieve fino alle Lame, incontra l'emissario partigiano con cui scambiano la parola d'ordine: “C'hai una sigaretta?”-  “No, una cartina”. 

Così arriva in brigata e diventa partigiano con il nome di battaglia “Lella”, una mucca che come lui salta di slancio macchie e fossi. Non ha ancora diciotto anni.

Addestramento militare, azioni per la requisizione delle derrate alimentari da sottrarre agli ammassi e da distribuire alla popolazione, ecco le azioni per conquistarsi la fiducia e l'autorevolezza. Sirio Ungherelli, il comandante “Gianni”, gli affida il comando di una squadra.

Il 12 marzo, nella zona di Pomino, requisisce grano, olio, due vitelli e dieci pecore e le distribuisce agli sfollati dopo aver rilasciato le regolari ricevute di requisizione.

All'alba del 4 aprile 1944 con una squadra di d12 partigiani, compresi alcuni polacchi fuggiti dai campi di lavoro nazisti, si scontra con 150 repubblichini del battaglione Ettore Muti presso la chiesa della Madonna dei Fossi, vicino Pomino, rastrellata da poco. Un'azione drammatica, che conta 52 morti repubblichini e il primo morto partigiano, un polacco. I compagni di quell'azione sono “Zuppa”, “Bastiano”, “Gigi”, “Bardazzi”

“Lo volge in fuga dopo avergli inflitto notevoli perdite”, così recita la motivazione della Medaglia di bronzo al valor militare, concessa dal Presidente della Repubblica nel 1955. 

Il 9 aprile è in ricognizione al Passo della Calla che attraversa in mezzo alla neve fino alla Romagna per prendere contatti con le formazioni locali. Qui capisce che nelle file tedesche si muove qualcosa di grosso: è un tragico aprile di lutti e rastrellamenti ad opera della Fallschirm-Panzer-Division 1 Hermann Göring  che costringe i partigiani della Stella Rossa allo spostamento verso il Pratomagno. 

Al 14 aprile la formazione conta 170 uomini, il 17 raggiungono la Croce del Pratomagno a quasi 1.600 metri, poi ridiscendono a Poggio Citerna dove sono rifocillati dalla popolazione con piatti di farina di castagne. 

Il 30 aprile 1944 perdono un altro compagno, Adriano Gozzoli “Bob”.

“Lella”, “Bob” e “Zuppa”, per far riparare le scarpe logore della formazione, si offrono di scendere al paese di Poggio alla Croce, dove c'è un compagno calzolaio. Il paese è tranquillo, così si fermano allo spaccio di generi alimentari e comprano un barattolo di sottaceti. Scalzi, vanno alla fontana della piazza per rinfrescarsi e gustarsi, uno a uno, i prelibati sottaceti. Ma i Carabinieri, a bordo di una Topolino, li vedono e spianano contro di loro i moschetti. I tre scappano in direzioni diverse, come ordina l'addestramento militare. 

“Bob” è catturato, portato a Firenze, torturato e fucilato al poligono di tiro delle Cascine il 3 maggio 1944.

Nel giugno 1944 nasce la 22° bis Brigata Garibaldi Sinigaglia dalla fusione di cinque distaccamenti: Faliero Pucci, Gino, Fantasma, Chiatti e Castellani. La Brigata ha cinque compagnie e “Lella”, non ancora diciannovenne, è il commissario politico della seconda compagnia. La base è Monte Scalari sotto Pian d'Albero e il podere della famiglia Cavicchi, rifugio di giovani che vogliono diventare partigiani, la maggioranza dei quali del quartiere Gavinana.
Sono le 6.30 del 20 giugno, il giorno della strage di Pian d'Albero, tutto si consuma in pochi minuti. 
I nazisti uccidono undici partigiani, Norberto Cavicchi, il nonno, di 79 anni e prendono 21 prigionieri per portarli al comando tedesco. Tre riescono a fuggire, 18 sono impiccati a Sant'Andrea in Campiglia, tra questi Giuseppe e Aronne Cavicchi, padre e figlio di soli 15 anni.
“Lella” con i compagni della vecchia Stella Rossa riesce a portare in salvo i feriti.

La strage di Pian d’Albero rischia di produrre lo sbandamento della Brigata Sinigaglia ma non accade e il 20 luglio marcia su Firenze. "Lella" e i partigiani di quella che era stata la Stella Rossa incalzano i tedeschi nei boschi Fonte Santa, sopra Bagno a Ripoli, è il 2 agosto 1944. 
 

La mattina del 4 agosto la Brigata Sinigaglia raggiunge Grassina, cantando “Va' fuori d'Italia, va' fuori che è l'ora. Va' fuori tedesco, va' fuori stranier” e procedendo per Ponte a Ema fino a raggiungere il quartiere di Gavinana, all'inizio del viale Giannotti. 

Escono dalle case madri e padri dei giovani di Pian d'Albero, chiedono notizie dei loro cari ma i partigiani non hanno cuore di dir loro la verità. 

La folla si accalca, è impazzita di gioia “Sono i partigiani, sono i nostri”. 

I partigiani ricevono abbracci, vino e sigarette. La Sinigaglia prosegue il cammino poi sul viale dei Colli e arriva alle 15 a Porta Romana.

Nel tragitto l’accoglienza della popolazione è molto partecipata tra abbracci, bicchieri di vino e sigarette. I corrispondenti di guerra riprendono l’arrivo della brigata in città con macchine fotografiche e da presa.

La "battaglia di Firenze" deve ancora iniziare, la città deve essere conquistata e liberata dai franchi tiratori. Come d’accordo con gli Alleati e grazie all’intervento del comandante "Potente", la bonifica del territorio è di competenza dei partigiani in cambio della non deposizione delle armi.

“Lella” scova tre cecchini in piazza Santo Spirito 9 all'Istituto germanico.

"Potente", il comandante della Divisione Arno, colpito l'8 agosto da una scheggia di mortaio in piazza Santo Spirito, muore all'alba del giorno dopo e la Divisione è rinominata “Potente”.

L'11 agosto 1944 il suono della Martinella chiama all'insurrezione.

Quel giorno "Lella" con la Brigata Sinigaglia attraversa la pescaia di Santa Rosa alle 10.40, prende via dei Fossi e via della Scala arrivando nell'atrio della stazione di Santa Maria Novella dove però tutto è tranquillo, i tedeschi hanno scelto la Fortezza e il fiume Mugnone come nuova linea del fronte. 

Il comando della Sinigaglia, alle scuole Sassetti in via Garibaldi, è affiancato dai reparti indiani Gurkha dell'Armata britannica.  

Il 22 agosto allo stabilimento Fiat, che si trova al Ponte di Mezzo, è asserragliata una ventina di paracadutisti tedeschi disposti ad arrendersi solo in presenza degli Alleati per la paura di essere giustiziati dalle formazioni partigiane. Concordata una tregua, “Lella” e “Bastiano” cercano una soluzione con il Maggiore Mac Neam e riescono a farsi inviare un reparto di Gurkha. I tedeschi, visti i soldati indiani sulla Jeep, si arrendono.

Il 7 settembre sotto la pioggia, in una cerimonia alla Fortezza da Basso, il generale Hume passa in rassegna i partigiani che hanno deposto le armi e consegna loro il Diploma d'onore, firmato dal Generale Alexander.

L'attività partigiana è finita, Firenze è liberata, ma per “Lella” la Resistenza continua. 

Arriva a Cesano, sopra Roma, al Centro di addestramento Forze Italiane di combattimento dove è inquadrato nel reggimento di fanteria “Piceno” e poi assegnato al gruppo di combattimento “Friuli”.  Giordano, in battaglia, precede il gruppo di combattimento come esploratore alla ricerca di mine tedesche, usando la “padella”, il cercamine magnetico. Arriva sano e salvo a Bologna e il 31 luglio 1945 è congedato e torna a casa. 

Nel 1947 è richiamato alle armi per assolvere al servizio di leva. Al rientro, lavora in alcune tipografie ma è licenziato più volte per attività sindacale, così nel 1955 apre col padre, che morirà nel 1958, una mesticheria in via Faentina, a meno di cento metri da casa. La gestisce fino alla pensione avvenuta nel 1995.

Nel 1951 conosce la moglie Rossana, parrucchiera in un negozio di via Passavanti, nella sala da ballo del circolo Giugni in via Boccaccio e nel 1958 nasce la loro figlia Daniela.

Nel 1955 la Presidenza della Repubblica gli conferisce la Medaglia di bronzo al valor militare.

Partecipa a creare il Consorzio mesticatori fiorentini e intuisce l'importanza della gestione coordinata degli acquisti, propone lo smaltimento delle scorte, l'allestimento delle vetrine e l'introduzione dell'assistenza sanitaria per la categoria a carico del Servizio Sanitario Nazionale. “Lella” ha l’attitudine all'organizzazione.

Eletto consigliere del Quartiere 11 nel novembre del 1976, ne diventa poi Presidente dal 1981 al 1985. 

Promuove la redazione del Regolamento di quartiere, il primo di un consiglio, preso a modello da altre circoscrizioni, e la partecipazione dei cittadini alla conoscenza della storia del quartiere con l'idea di creare un Centro di documentazione.

Uno dei primi atti pubblici del Consiglio di Quartiere 11, nel dicembre 1981, è piantare un pino e mettere una lapide in piazza delle Cure come simbolo di pace, bene supremo dell'umanità. 

Incessante la sua attività di divulgazione della storia della Resistenza, in particolare sulla storia di Villa Triste, sede della polizia politica nazista e del Reparto dei Servizi Speciali, con la pubblicazione del libro di Andrea Mugnai “Ora che l’innocenza reclama almeno un’eco”.

Partecipa alla fondazione di Confesercenti il 14 febbraio 1971 al PalaEur a Roma e ricopre le cariche di consigliere, vice presidente e poi presidente onorario fino al 2006. 

Nel 1982 la sede della Confesercenti si trasferisce da Piazza Indipendenza nel viale dei Mille, nei locali che un tempo erano stati della tipografia Vallecchi, proprio dove, poco più che ragazzino, aveva iniziato a lavorare. A Giordano Cubattoli è dedicato l'auditorium della sede della Confesercenti in piazza Pier Vettori.

Il 4 febbraio 1985 riceve dalla Presidenza della Repubblica, su proposta del Ministro della Difesa, il Diploma d'onore ai combattenti per la libertà d'Italia 1943-1945. 

Muore a Firenze il 13 settembre 2006. A “Lella” si deve l’apertura al pubblico dell’area Pettini Burresi a lui intitolata il 17 marzo 2012.

  • Scheda di Giordano Cubattoli in Alberto Alidori, "Liberare Firenze per liberare l'Italia. Chi erano i partigiani. Memorie 1943-1945", a cura di Luca Giannelli, Scramasax, 2022
  • Matteo Barucci, "Sulla strada per Firenze. La Brigata Sinigaglia e la strage di Pian d'Albero 20 giugno 1944", Pacini, 2017
  • Angiolo Gracci “Gracco”, "Brigata Sinigaglia", La città del Sole, 2006
  • Mauro Ottanelli, "Giordano Cubattoli. Una vita all'insegna della coerenza: dalla lotta partigiana all'impegno civile", Firenze, Comune di Firenze, 2011
  • Comune di Firenze, Consiglio di Quartiere 11, "Immagini a confronto “ieri e oggi il quartiere”. Immagini d'epoca del Quartiere 11 (Le Cure, La Lastra, S. Gallo, Trespiano) a confronto con la realtà attuale". Mostra fotografica, saletta del Parterre, Piazza della Libertà, dicembre '81-gennaio '82, Firenze 1981
  • A cura di Marco Conti, "Profilo storico-urbanistico del Quartiere 11: Le Cure, La Lastra, San Gallo, Trespiano", Firenze, 1982
  • Sandra Gasparo, "Fabbriche e operai in un Quartiere Fiorentino", Firenze, Comune di Firenze, Consiglio di Quartiere 11, 1984 
  • Sirio Ungherelli “Gianni”, "Quelli della Stella Rossa", Polistampa, 1999

Il partigiano “Lella”, la strage di Pian d'Albero del 20 giugno 1944, i nomi di battaglia partigiani
Memorie di Sirio Ungherelli detto “Gianni”, commissario politico della Brigata Garibaldi Sinigaglia

La porta della casa di Pian d'Albero era stata sbarrata dal di dentro, Bastiano la fece sfondare, e lì trovarono il partigiano Truciolo, tutto sudicio di fuliggine, che, andati via i tedeschi, aveva sbarrato la porta per proteggere le donne. Bastiano, Gigi, Lella, Zuppa, con i loro partigiani, trovarono la giovane Giuseppina Cavicchi e le sette donne sfollate nella stanza più buia. Prima di portarle fuori, spostarono alcuni morti e alcuni feriti per non impressionarle.
Mentre le portavano verso di noi, i nazisti aprirono un fuoco d'inferno. Giove, la macchietta della brigata, rimase ferito alle cosce da varie pallottole di mitraglia, quasi all'altezza delle ginocchia. 
Giuseppina Cavicchi ricordava tanti anni dopo, che mentre veniva condotta via da due partigiani sovietici, Surien e Nikita, più volte questi la coprivano, facendo scudo con i loro corpi per salvarla dalle pallottole che piovevano tutt'intorno. 
Anche i feriti come Ivan, Pugno di Ferro, Fregio, Giove, Carabiniere ed altri ancora, furono portati via dalla Stella Rossa a braccia, o con improvvisate barelle fatte da Stalino, Zambo, Triglia, Zuppa, Topo, Rombo, Baraccone, Sugo, Truciolo, Vladimiro, Picche, Saturno, Nike, Leopardo.
Lettura tratta dal libro di Sirio Ungherelli “Gianni”, “Quelli della Stella Rossa”, pubblicato da edizioni Polistampa nel 1999


I giovani combattono 
I giovani, in genere, sono schivi ad ogni forma di pubblicità, preferiscono, a ragione, l'azione alla parola. E i racconti, più o meno eroici di un periodo di tempo veramente vissuto, amano narrarseli fra loro, delle volte, alla sera: quando le stelle illuminano i cuori degli uomini.
Noi del “fronte” eravamo, e siamo tuttora, giovani. Giovani nel senso più grande della parola. Ognuno di noi è cosciente di ciò che ha compiuto. 
In ognuno di noi c'è un ricordo, talvolta segnato nelle carni, che non verrà scordato facilmente. La guerra, per il popolo, il vero popolo italiano, s'iniziò l'8 settembre.
Un ragazzo ad un angolo di strada, una donna dietro una finestra, un uomo chiuso in una stanza, anche questi hanno combattuto. Silenziosi, operosi, nei giorni duri, nelle notti infide; senza mollare, premuti dall'odio, hanno combattuto. Tutti hanno resistito, ognuno a suo modo, ai traditori ed al tedesco. E così la gente della pianura e quella della montagna, gli uomini e le donne, i giovani armati e gli intellettuali si sono trovati vicini in questa barricata comune, dove ognuno, per combattere, portava quello che aveva.
Lettura tratta dal capitolo “Il Fronte della Gioventù” pubblicato in “Il Casone. Un anno di lotta contro i nazi-fascisti nel rione di Porta al Prato (Settembre 1943 – Settembre 1944)”, a cura della sezione del PCI “Adriano Gozzoli”, 1945

Il partigiano “Lella”, la strage di Pian d'Albero del 20 giugno 1944, i nomi di battaglia partigiani
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Il partigiano Giordano Cubattoli “Lella” e la vita in brigata

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