L'organizzazione clandestina del Partito d'Azione, il segnale dell'insurrezione
Maria Luigia nasce a Pisa l’11 agosto 1912.
Il padre si chiama Arnaldo, la madre Concetta Conti e ha un fratello, Giovanni.
Trascorre i primi dieci anni della sua vita a Pisa, poi a Torino, infine nel 1926 arriva a Firenze e con la famiglia abita in via Giovanni Caselli 4.
Grazie al fratello, inizia a frequentare gli ambienti antifascisti liberalsocialisti.
Entrata in contatto con il Circolo di cultura politica in Borgo San Jacopo conosce Nello Traquandi, impiegato delle Ferrovie dello Stato, uno dei promotori del giornale “Non Mollare”, confinato a Ponza e a Ventotene.
Frequenta anche Enzo Enriques Agnoletti, uno dei principali esponenti dell'azionismo fiorentino durante la Resistenza. È impiegata di banca allo sportello di una filiale della Banca Nazionale del Lavoro. Dalla fine del 1940 con il fratello Giovanni e con Enzo Enriques Agnoletti organizza cellule antifasciste.
La sera dell'8 settembre 1943 è a cena con suo padre e sua madre. La radio, alle 19.40, trasmette il comunicato del maresciallo Badoglio: ogni ostilità contro gli angloamericani deve cessare, le forze italiane reagiranno ad attacchi da qualunque altra provenienza.
Maria Luigia esce felice, è quello che gli italiani vogliono: “Forse gli alleati sbarcheranno a Livorno stanotte”.
Va a casa di Margherita Fasolo “Rita”, pedagogista, insegnante, antifascista di idee liberal socialiste dove arriva anche Edoardo Fallaci, operaio metallurgico, che, elettrizzato, racconta dei festeggiamenti dei contadini di Monte Morello con l'accensione di falò.
Edoardo invita le due donne ad andare con lui in piazza Donatello, all’ingresso del Cimitero degli inglesi dove ci sono altri compagni: Tristano Codignola “Pippo”, Enzo Enriques Agnoletti e Carlo Ludovico Ragghianti.
Nasce così l'organizzazione clandestina del Partito d'Azione.
Maria Luigia è assegnata al gruppo di “Pippo”.
Maria Luigia è disordinata, Codignola invece preciso ed esigente, Enzo Enriques Agnoletti la rincuora “Ce la farai”, le dice.
Maria Luigia organizza il servizio staffette di Giustizia e Libertà, è il collegamento tra il comando militare fiorentino e le varie formazioni toscane, organizza la fuga dell’avvocato antifascista Luigi Boniforti dalla clinica dove è ricoverato sotto sorveglianza.
Nella sua casa nasconde viveri da inviare alle prime bande partigiane sul Monte Morello, la Brigata Garibaldi Lanciotto, e a Pistoia, la “Pippo”.
In collaborazione con Nello Traquandi procura qualunque tipo di documenti falsi per ebrei, partigiani, perseguitati politici: licenze, permessi per il coprifuoco, documenti della TODT (l’organizzazione che si occupava della costruzione delle fortificazioni e infrastrutture per la Wehrmacht), tessere delle SS italiane, tessere del fascio, carte annonarie in regola, fotografie, timbri. La sede di questa attività è una piccola stanza in Borgo Pinti.
Dal dicembre 1943 al giugno 1944 tiene i collegamenti con gli agenti alleati dell'VIII Armata (Domenico) e della V (Rosa e Ferruccio).
Dal febbraio al giugno 1944, fino all'arresto dei componenti dell’emittente clandestina Radio Co.Ra. tiene i collegamenti per i servizi di lancio di armi, munizioni etc.. alle bande partigiane, procura informazioni militari per il servizio radio.
Nel marzo 1944, dopo l'arresto di Bice Paoletto che si occupa della stampa clandestina del Partito d'Azione, trova, con Anna Maria Enriques Agnoletti, la disponibilità a sostituirla nel Tipografo Bonechi.
Maria Luigia è staffetta del Comando Marte, il Comando militare unico del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN).
All'alba dell'11 agosto Maria Luigia e Lea Valobra sono in un appartamento di via dei Tosinghi. Alfio Campolmi le sveglia per avvisarle che i tedeschi sono andati via. Le ragazze si affacciano dal balcone ed è vero, i cinque o sei tedeschi a bivacco sul portone dell'UPIM, non ci sono più ma è meglio uscire a controllare.
Lea va ad avvisare il Comando di città, Alfio e Maria Luigia escono a ispezionare le strade intorno. Maria Luigia gira intorno al Battistero e prosegue per via Martelli, via Cavour e si ritrova con Alfio all'angolo di via degli Alfani. Si abbracciano e tornano di corsa in via Roma 4 al Comando di città dove Alberto Albertoni ordina a Maria Luigia di andare subito al comando militare in piazza Strozzi.
Qui il comandante Nello Niccoli le dice di correre a Palazzo Vecchio per dare il segnale dell'insurrezione. Così riprende la corsa: via Monalda, Porta Rossa, piazza della Signoria, via della Ninna, Palazzo Vecchio, dove le apre un vigile urbano che la porta dall'avvocato Camillo Stagni: “Bisogna far suonare la campana e alzare il tricolore sulla Torre d'Arnolfo”.
Si precipita in via della Condotta 8 per avvertire il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN). Davanti al negozio Bizzarri si ferma esausta, i battiti del cuore sono a mille.
Sono le 6.45 e la Martinella, la campana di Palazzo Vecchio, chiama all’insurrezione. A suonarla, il vigile Franco Budini mentre contemporaneamente l'avvocato Stagni issa il tricolore sulla Torre d'Arnolfo.
Il CTLN si insedia in prefettura in Palazzo Medici Riccardi, i partigiani e le partigiane hanno il bracciale con il Pegaso, che diventerà poi il simbolo della Regione Toscana.
Questa parte di città è libera ma di là del Ponte Rosso è ancora occupata.
Maria Luigia chiede di andare dalla sua mamma, attraversa il ponte al seguito del parroco di San Gervasio Don Pio Carlo Poggi e riesce a incontrarla in via Marconi dove è a prendere acqua alla fontana. La città continua la sua lotta, Maria Luigia rimane a casa, adesso fa parte dei vincitori ma ha paura.
Il 7 settembre 1944 alla Fortezza da Basso i partigiani e le partigiane consegnano le armi, Maria Luigia è congedata col grado di capitano.
Questo disse di lei Ferruccio Parri “Maurizio”, comandante partigiano e futuro Presidente del Consiglio nel 1946: “Una delle staffette più brave, ardite, estrose e generose, che hanno partecipato alla lotta di Liberazione, una «donna della Resistenza» fidata, coraggiosa e capace”.
Nel 1947 si scioglie il Partito d'Azione.
Delusa dall'esperienza politica dell'Italia libera, si dedica ad attività culturali e imprenditoriali, fonda le Edizioni “U” di Dino Gentili, piccola casa editrice, a cui si deve la stampa di libri di autori proibiti nell'Italia fascista: Gaetano Salvemini, Aldo Garosci, Leo Valiani, Carlo Levi, Franco Venturi.
L’editore Enrico Vallecchi, che diventa nel 1974 suo marito, la sostiene in questa impresa. Maria Luigia si occupa di tutto: dalla contabilità, alla correzione di bozze, alla segreteria di redazione.
La casa editrice chiude nel 1948 ma già nel 1946 Dino Gentili porta a Prato la Dreyfuss-Gentili, la ditta importa lana australiana e Maria Luigia entra a farne parte.
Collabora con “Il Mondo” di Mario Pannunzio, fa parte dell'ALPIC (Associazione Liberi Partigiani Italia Centrale). Nel 1957 pubblica il libro “Storie di un anno grande”, con cui l’anno successivo vince il Premio Prato. Roberto Battaglia lo paragona al “Diario” di Ada Gobetti.
Nel 1959 fonda la stamperia d'arte “Il Bisonte” con sede in via Ricasoli. Invita i maggiori artisti italiani a lavorare al Bisonte, realizza incisioni e litografie famose. Compra nel quartiere di San Niccolò un vecchio negozio con annesso un appartamento, vi si trasferisce ma tutto viene devastato dall'alluvione del 1966 da cui Maria Luigia si salva per miracolo, uscendo da una finestra. “Il Bisonte” riparte anche grazie all'amicizia di artisti famosi, come Henry Moore, profondamente commosso per il disastro. L'artista si ferma al Bisonte per due mesi, creando una cartella con sei litografie.
Nel 1981 è insignita del titolo di Commendatore della Repubblica dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Nel 1983 fonda un centro culturale e una scuola di specializzazione per insegnare ai giovani le tecniche della grafica d'arte. La scuola tiene i corsi in via Giardino Serristori, in quelle che erano le scuderie del Palazzo Serristori. Muore a Firenze il 26 dicembre 2007.
Il Sindaco Leonardo Domenici dichiara: “Scompare una delle personalità più rappresentative della nostra città: una donna della Resistenza e un’indiscussa protagonista della vita imprenditoriale in Toscana, in Italia e all’estero”. Il Bisonte esiste ancora.
- Scheda di Maria Luigia Guaita in Alberto Alidori, "Liberare Firenze per liberare l'Italia: chi erano i partigiani. Memorie 1943-1945", a cura di Luca Giannelli, Firenze: Scramsax, 2022
- Maria Luigia Guaita, "Storie di un anno grande", La Nuova Italia, 1975
- Id., "La guerra finisce, la guerra continua" in "Quaderni del Circolo Rosselli", n. 4, 2014, pp.20-26
- "Donne e Resistenza in Toscana", Comitato femminile antifascista per il 30° della Resistenza e della Liberazione in Toscana, 1978
- Orazio Barbieri, "Ponti sull'Arno", Editori Riuniti, 1975
- Giovanni Frullini, "La liberazione di Firenze", Pagnini, 2006
- Ugo Cappelletti, "Firenze città aperta", Bonechi, 1975
Giovani antifascisti contro il regime
Memorie di Gianni Guaita, antifascista, fratello di Maria Luigia partigiana del Partito d'Azione
“Cospiravamo contro il regime scrivendo sui muri, nelle strade più buie della città, diffondevamo volantini. Una notte - con Anna Maria Ichino - andammo a scrivere col gesso “pane, pace e libertà”, senza sapere che lo slogan lo aveva coniato Lenin. Lo scrivemmo in Via Cesare Battisti fra Piazza San Marco e piazza Santissima Annunziata, sul muro dell'università, dove c'era una grande parete vuota. Eravamo in cinque quella notte: io, Orietta Alliata, Anna Maria, un certo Melosi e Giuliano Briganti, segretario di Roberto Longhi, nella casa di Via Benedetto Fortini 30. Vedemmo arrivare una guardia in bicicletta e ci riparammo sotto il portico dell'Accademia delle Belle Arti. La guardia passò e non si accorse di nulla. La mattina successiva sul presto, un amico, che era capitato davanti al rettorato, vide i poliziotti al lavoro che cancellavano le scritte.” A questa attività (la stampa di foglietti contro il governo che poi venivano imbucati nelle cassette delle lettere e la creazione di timbri con le scritte “Morte al fascismo” e “Morte al duce”) partecipava anche la sorella di Gianni, Maria Luigia, che lo ha raccontato nel volume “Storie di un anno grande”, edito dalla nuova Italia.
Ma non c'era solo lei. Altri giovani subentravano o si affiancavano di volta in volta.
Lettura tratta dal libro di Nicola Coccia, “L'arse argille consolerai. Carlo Levi dal confino alla Liberazione di Firenze attraverso testimonianze, foto e documenti inediti”, pubblicato da edizioni ETS nel 2015
Un urlo d'agosto: Natale! La notizia dell'insurrezione di Firenze
Memorie di Foscolo Lombardi, partigiano e rappresentate del Partito Socialista nel Comitato Toscano di Liberazione Nazionale durante la Resistenza
I giorni passavano e la città agonizzava. Non c'era l'acqua. Né la luce. L'immondizia aumentava. I morti rimanevano in mezzo di strada. Le famiglie erano sprovviste di tutto. I morti si seppellivano negli orti domestici. Gli obici martellavano la città. I partigiani, ai quali era stato distribuito solo riso crudo, erano sprovvisti di cibo. Convocammo il comandante Niccoli il quale disse che disponevamo di 2500 uomini, ma con un armamento scarso.
Il 9 agosto, dopo estenuanti discussioni, il Comitato decise, all'unanimità, che l'azione contro i tedeschi andava sviluppata ad ogni costo. L'ordine d'attacco fu dato dal nostro comando ai capi dei reparti alle 0,10 dell'11 agosto.
Alle 6,30 dell'11 agosto, nel silenzio del mattino, una voce risuonò nella strada: “Natale!”. Balzammo dai giacigli, dove non avevamo dormito, stanchi, accigliati.
Era la valorosa Maria Luigia Guaita che portava la sospirata notizia dell'insurrezione. Quando gli alleati arrivarono in città trovarono Firenze liberata.
Lettura tratta dal libro di Nicola Coccia, “L'arse argille consolerai. Carlo Levi dal confino alla Liberazione di Firenze attraverso testimonianze, foto e documenti inediti”, pubblicato da edizioni ETS nel 2015